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ROMA - Dall’Olimpico a San Siro ci sono seicento chilometri e sette giorni di distanza, uno spazio enorme per sospirosi rimpianti, perché - nessun bianconero può prendersi in giro - la Juventus voleva un’altra finale: quella che si gioca sabato prossimo a Milano e assegna una coppa leggermente più orecchiuta. Ma, attenzione, è proprio per questa ragione che questa sera contro il Milan, i bianconeri giocheranno con la famelica ferocia di chi ha in ballo il trofeo della vita.
Perché la Juventus da qualche mese ha smesso di sognare la Champions League e ha iniziato a progettarla. Da quando gli ultimi, sciagurati, trenta secondi dell’Allianz hanno sbriciolato la poderosa impresa sportiva costruita negli altri 179 minuti e mezzo contro il Bayern Monaco, la squadra di Massimiliano Allegri ha consolidato un’altra e più alta consapevolezza dei propri mezzi. A Vinovo la parola Champions si pronuncia con maggiore scioltezza e meno riverenza. Ed è un progetto che passa anche dalla finale di Coppa Italia, nella quale allenare la concentrazione e l’abitudine a vincere sempre e comunque. Scrivere la storia per costruire il futuro, stabilire un altro record (seconda doppietta consecutiva scudetto e coppa) per salire un altro gradino di sicurezza sulla strada delle vittorie nelle sfide secche. Imbattibile nelle corse a tappe come il campionato, la Juventus deve imparare a bruciare tutti nelle classiche di un giorno, anzi di una notte. Dall’Italia all’Europa, la rincorsa per il salto la si può prendere proprio sul prato dell’Olimpico, che incorniciò la più grande gioia europea dei bianconeri il il 22 maggio 1996: vent’anni esatti domani. Rivivere la storia per progettare il futuro: la Juventus inizia questa sera.