© Marco Canoniero
TORINO - Avvocato Paniz, è stupito dalla richiesta di 30 mesi di inibizione per Andrea Agnelli da parte della procura federale?
«Sì, perché la Procura di Torino, attraverso le indagini, ha dimostrato che il presidente della Juventus non era al corrente di commistioni con delinquenza e non c’è una prova che i collaboratori lo abbiano informato su iniziative del genere. Indagini e intercettazioni parlano chiaro. Per quanto concerne la richiesta, la ritengo emotiva». Cosa intende per emotiva? «Lo dico con il massimo rispetto di tutte le parti coinvolte, ma non ci vedo un fondamento giuridico. E mi pare eccellente la posizione dell’avvocato Coppi che punta all’assoluzione piena. Per quanto concerne il termine “emotiva” la spiegazione è la seguente: avere l’opportunità di inquisire il presidente della società più titolata d’Italia è anche l’occasione per lanciare un messaggio forte riguardo le commistioni che possono esistere tra club e delinquenza. Mi sembra tutto sommato, utilizzando una terminologia più comune, una richiesta mediatica. Ne paga le conseguenze il presidente Agnelli, ne pagano le conseguenze alcuni suoi collaboratori. Però la cassa di risonanza è effettivamente notevole».
Come mai una disparità così netta tra le indagini della Procura di Torino e la richiesta della Procura federale?
«Perché il sistema della giustizia sportiva è rovesciato: la difesa deve fornire le prove della propria estraneità, non il contrario. E anche in questo caso il capo dell’ufficio indagini ha adottato tale metodologia. Ma secondo me, da questo punto di vista, la difesa ha la forza di prove certe, che si trovano, come detto, all’interno proprio delle carte che arrivano dalla Procura di Torino».