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TORINO - La parola addio, nelle intenzioni di Claudio Marchisio, non è contemplata. A fine stagione, quando andrà a bussare all’ufficio di Beppe Marotta per un colloquio chiarificatore, il centrocampista della Juventus ribadirà la volontà di portare a termine l’ultimo contratto firmato con il club bianconero, che lo lega alla società fino al giugno 2020, quando avrà 34 anni. Insomma, vorrebbe chiudere la carriera senza cambiare maglia perché è nato e cresciuto juventino, ha sposato questi colori e, anche in questa ultima annata dove non ha trovato spazio come in passato, scavalcato nelle gerarchie pure dai nuovi arrivati (non soltanto da Blaise Matuidi, ma anche da un giovane come Rodrigo Bentancur), non si è mai lamentato, mettendo il bene della squadra e della società al di sopra degli interessi personali. Certo, non è soddisfatto delle 17 presenze e degli zero gol di questa stagione, quando nel 2014-15, prima annata di Massimiliano Allegri alla Juventus, aveva raggiunto la quota record di 52 partite condite con 3 reti. Allora però Miralem Pjanic e Sami Khedira, ora titolari fissi. Scomparso dai radar del tecnico livornese, che ne centellina le presenze in campo, Marchisio pensa però di poter dare ancora tanto alla Juventus, non foss’altro perché lui incarna il dna juventino. Ed è questo che andrà a dire all’ad bianconero dopo il 20 maggio, sperando nel frattempo di alzare altre due coppe: al netto del suo contributo in campo, il Principino pensa di poter trasmettere ai nuovi acquisti - come è avvenuto nell’estate 2015 con Paulo Dybala - il significato di essere bianconero e quella mentalità vincente che da sempre contraddistingue la Juventus.
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