Boniperti: «Juventus, 90 anni d’amore»

In bianconero dal 1946: bomber e presidente vincente. Domani è il giorno del compleanno: «Se vedo quella maglia devo tifare chi la sta indossando»
Boniperti: «Juventus, 90 anni d’amore»© LaPresse

TORINO - Presidente, le piace questa Juventus? Giampiero Boniperti sospira, quasi a lasciare intendere che la domanda posta a lui quasi non ha senso. «Senta, può giocare bene o meno bene, ma io quando vedo un giocatore che indossa quella maglia tifo per lui, è più forte di me, è un legame indissolubile». Domani la leggenda bianconera compie 90 anni, non parla volenteri, ma non tradisce il suo cuore a strisce bianche e nere. «Allo stadio non vado più, ma non perdo mai la partita in televisione, le vedo veramente tutte. E ovviamente sono felice se vince e non mi piace vederla perdere». L’uomo ha sempre incarnato l’essenza della juventinità. Tifoso da bambino, giocatore da quando era adolescente, presidente da adulto: un percoso dritto e coerente come la sua persona, carismatica e iconica per milioni di juventini. Boniperti ha attraversato le epoche della Juventus e del nostro Paese, con il pragmatismo contadino di cui non solo non si è mai vergognato, ma ha fatto sempre tesoro, e con lo stile che gli permetteva di dialogare con Gianni Agnelli, insieme al quale ha formato una coppia indissolubile il cui ricordo fa sciogliere qualsiasi tifoso sopra i quarantanni e inorgoglire tutto il popolo bianconero. «La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore», ripete sempre. Uno dei suoi aforismi preferiti e forse il più romantico. Meno conosciuto di quello divenuto così immortale da essere citato in continuazione ed essere perfino stampato sul colletto della maglia nella stagione 2013-14: «Vincere non è importante. E’ l’unica cosa che conta». La summa dello juventinismo (figlia di una frase analoga pronunciata da Vince Lombardi, coach dei Green Bay Packers, grande team della Nfl Anni 60) e spesso male interpretata. Perché non è uno slogan arrogante, ma una filosofia di vita che, in fondo, è figlia di un’altra pepita di saggezza con cui il senatore Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, aveva impostato il suo modo di lavorare: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio». 

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