Cristiano Ronaldo: «La Juventus è più squadra del Real»

«Qui siamo una famiglia. Con Dybala, Mandzukic e Khedira grandi sfide in allenamento: al 99% vinco io. In palio bottiglie di vino: nello spogliatoio sto allestendo una cantina. La Champions? Non deve essere un'ossessione, ma un sogno da realizzare»

TORINO - Ebbene: quel misto di talento marziano e forza fisico/atletica quasi sovrumana che Cristiano Ronaldo emana in campo, fuori dal campo (quando il portoghese è in borghese) diventa un altrettanto quasi spiazzante cocktail di carisma eppure umiltà. Lo capisci subito: CR7 non solo è uno che si sente a proprio agio sempre e comunque, è uno che a tuo agio ti ci mette pure. Educato e garbato a prescindere. Incredibilmente “normale”, nel suo essere speciale. Sia quando ti racconta quanto è straordinaria (e oggettivamente lo è) la sua carriera, sia quando accetta persino di parlare di fatti che (altrettanto oggettivamente) sarebbero suoi e di nessun altro. «Il matrimonio, la chiesa? Sì, tranquilli, vi spiego». E così, una intervista con il migliore calciatore del mondo, torna utile - oltre che parlare di obiettivi, di premi, di Champions e di sfide - anche per capire e toccare con mano che per arrivare a certi livelli (il massimo, dei livelli), beh, allora devi davvero avere una marcia in più sotto tutti gli aspetti. Ronaldo ce l’ha, questa marcia in più. E peraltro pare averla anche la Juventus: «Ora lo so, venire in bianconero è stata una scelta giusta al cento per cento». «Io sono molto felice di essere qui. Questa città è molto carina, molto cool. Ovviamente è parecchio differente rispetto a Madrid: più piccola, ma mi piace. I tifosi sono davvero fantastici. Il club è ottimo, l’organizzazione è al top, i calciatori molto buoni: umili, lavorano sodo. Insomma, la mia prima impressione è: fantastico».

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Ricorda il momento esatto in cui ha pensato per la prima volta: “Sì, la Juve è la scelta giusta”?
«Per essere onesto, io avevo tante opzioni. Che però non vi dirò. Ma le avevo e nella mia mente mi sono detto subito che la Juventus era un club solido, blasonato, che negli ultimi anni ha disputato due finali di Champions, ha vinto sette campionati di fila. Quindi ho pensato che era l’opzione migliore. E ho ripensato anche a quando avevo giocato in Italia, al fatto che negli stadi avevo trovato un’atmosfera ideale per me. E aggiungo l’approccio del presidente Agnelli. Tutti questi dettagli hanno fatto la differenza. Allora non sapevo al 100 per cento che la Juventus fosse il miglior club, anche perché sono stato nove anni al Real Madrid, ma ora ne sono sicuro al 100 per cento: ho fatto la scelta migliore».

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Quali sono le principali differenza tra la Juventus e gli altri grandi club in cui ha giocato?
«In alcuni aspetti sono similari, in altri molto differenti. Non dimentichiamo che stiamo parlando del Real Madrid, che è il più grande club in Spagna, della Juventus che lo è in Italia, del Manchester United che lo è in Inghilterra. Detto questo, penso che l’approccio al gioco in Italia sia molto differente: qui le squadre sono più difensive, per esempio; vogliono più difendere che attaccare. E l’organizzazione dei club è diversa, così come la mentalità. In Spagna probabilmente sono un po’ più rilassati, qua invece siete più focalizzati, lavorate più duramente. Quanto al livello qualitativo, beh: ci sono giocatori fantastici ovunque. Serie A, Premier, Liga. Per me è bello aver girato diversi campionati: significa fare varie esperienze in contesti differenti. Anche se, ripeto: stiamo parlando di tre grandissimi club»

C’è la possibilità che possa affrontare il Real Madrid a febbraio o marzo. Se potesse scegliere lo vorrebbe o lo eviterebbe? 
«Non importa, non ci bado. Io voglio vincere con il mio club, e il mio club è la Juventus. Il passato è passato: non dimentico quando ho iniziato a giocare, non dimentico il Manchester, non dimentico il Real. Ma ora difendo i colori della Juventus e il resto non conta. Io ho sempre pensato a vincere». (...)

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TORINO - Ebbene: quel misto di talento marziano e forza fisico/atletica quasi sovrumana che Cristiano Ronaldo emana in campo, fuori dal campo (quando il portoghese è in borghese) diventa un altrettanto quasi spiazzante cocktail di carisma eppure umiltà. Lo capisci subito: CR7 non solo è uno che si sente a proprio agio sempre e comunque, è uno che a tuo agio ti ci mette pure. Educato e garbato a prescindere. Incredibilmente “normale”, nel suo essere speciale. Sia quando ti racconta quanto è straordinaria (e oggettivamente lo è) la sua carriera, sia quando accetta persino di parlare di fatti che (altrettanto oggettivamente) sarebbero suoi e di nessun altro. «Il matrimonio, la chiesa? Sì, tranquilli, vi spiego». E così, una intervista con il migliore calciatore del mondo, torna utile - oltre che parlare di obiettivi, di premi, di Champions e di sfide - anche per capire e toccare con mano che per arrivare a certi livelli (il massimo, dei livelli), beh, allora devi davvero avere una marcia in più sotto tutti gli aspetti. Ronaldo ce l’ha, questa marcia in più. E peraltro pare averla anche la Juventus: «Ora lo so, venire in bianconero è stata una scelta giusta al cento per cento». «Io sono molto felice di essere qui. Questa città è molto carina, molto cool. Ovviamente è parecchio differente rispetto a Madrid: più piccola, ma mi piace. I tifosi sono davvero fantastici. Il club è ottimo, l’organizzazione è al top, i calciatori molto buoni: umili, lavorano sodo. Insomma, la mia prima impressione è: fantastico».

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