Bentancur: «Quando mi dissero di venire alla Juve fui preso dal panico»

Il centrocampista bianconero racconta i suoi modelli: «Mi ispiro a Pjanic e Busquets»
Bentancur: «Quando mi dissero di venire alla Juve fui preso dal panico»© Marco Canoniero

TORINO - "Fin dalla prima volta in cui sono entrato nello spogliatoio della Juventus, vedendo i volti dei miei compagni, ho capito una cosa: 'Qui bisogna vincere e basta' ". Così Rodrigo Bentancur, giovane centrocampista della Juventus, nel corso di una intervista rilasciata a DAZN in vista della gara contro la Roma. "Ne parlavo anche con lo staff qui, io è come se avessi fatto una preparazione lunga un anno e mezzo. Sono arrivato molto esile, ora ho preso 6kg di massa muscolare. Sono migliorato molto", ha aggiunto. "Allegri? E' stato molto importante, mi ha dato fiducia. Quando non giocavo ed ero scontento, lui mi tranquillizzava, mi diceva: Rodrigo tranquillo, non voglio bruciarti, vedrai che toccherà anche a te", ha raccontato il giovane uruguaiano.

I MODELLI - Sulla sua posizione in campo, Bentancur ha spiegato: "Gioco sia da mezz'ala che in mezzo, anche se io sono cresciuto giocando da centro destra in un centrocampo a 4. Mi ispiro a molti giocatori, ma su tutti seguo Pjanic e Busquets. Vedendoli cerco di imparare". Inevitabile parlare di Cristiano Ronaldo, che Bentancur ha conosciuto "al Mondiale in Russia, ci incontrammo all'antidoping dopo Portogallo-Uruguay, eravamo io, lui e Luis Suarez. Mi riconobbe e mi chiamò per nome, non ci potevo credere. La prima volta che l'ho visto allenarsi qui a Torino ho pensato: è un animale. La maniera in cui si allena è eccezionale, dà sempre il 100% e poi in gruppo sembra un ragazzino, scherza sempre".

GLI INIZI - Quindi ripensando ai suoi inizi in Argentina e all'arrivo a Torino, ha detto: "Quando mi dissero della possibilità di venire alla Juve fui preso dal panico. Pensavo: ora devo andare in Italia, solo con mio padre, lasciare la mia famiglia, imparare l'italiano, come faccio? Alla fine ero molto contento, ma anche bel pò spaventato". "Per tutti io sono Lolo, perchè mio fratello minore da piccolo non riusciva a pronunciare Rodrigo, diceva 'Loligo' e da lì è rimasto Lolo. Da piccolo ero molto più alto degli altri bambini - ha scherzato - almeno una spanna in più. Per questo dopo ogni vittoria, i padri dei bimbi della squadra avversaria mi chiedevano il documento per dimostrare che avessi la stessa età di tutti gli altri". "Perchè gioco col 30? E' un numero che presi al Boca e che chiesi anche una volta arrivato a Torino. E' il giorno in cui nacque mia madre, mi segue e mi porta fortuna da lassù", ha concluso.

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