La Juve è un’altra cosa: il problema più grande che dovrà affrontare la dirigenza

La squadra andata in campo negli ultimi tre mesi è una squadra che riflette una confusione più profonda

Più che «anno zero», come l’ha definito John Elkann, la Juventus si trova all’anno “sottozero”, perché - allo stato attuale delle cose - la ricostruzione appare un’opera molto più gravosa e pensare che un paio di talenti low cost, scovati da Cristiano Giuntoli, possano creare una squadra vincente è illusorio almeno quanto credere, come fanno in molti, che la sostituzione di Massimiliano Allegri sia sufficiente per una svolta netta.

La Juventus andata in campo negli ultimi tre mesi è una squadra che riflette una confusione più profonda, una mancanza di sincera compattezza fra il tecnico e tutta la società e l’assenza di una progettualità chiara. Sì, c’è il concetto di “sostenibilità” e “competitività” che si basa molto sulla riconosciuta abilità di Giuntoli nello scouting e sul progetto, genialmente intrapreso cinque anni fa, della seconda squadra. Ma superata la terrificante (e in buona parte ingiusta) tempesta giudiziaria della passata stagione, si ha l’impressione che si navighi a vista, con un allenatore costantemente sotto processo e obiettivi strettamente finanziari a indicare la rotta: l’imprescindibile qualificazione alla prossima Champions di cui il bilancio non può fare a meno è l’unica stella polare indicata con chiarezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Cosa manca alla Juve

E certe cose i giocatori le percepiscono. Soprattutto se manca, nella rosa, il carattere e la personalità degli anni passati. Il fatto che quando si è sgretolato il sogno di lottare per lo scudetto, si sia sgretolata anche la squadra non è un caso. Il resto del disastro (12 punti in 12 partite) lo hanno fatto la poca qualità di molti singoli e la scarsa esperienza del collettivo.

Oltre, naturalmente la povertà del progetto tecnico-tattico, perché se la rosa dell’Inter è più forte di quella della Juventus e nessuno può chiedere a questa squadra di andare a vincere a San Siro, non è possibile che la Juventus, questa Juventus dove comunque ci sono 14 nazionali, c’è uno dei difensori più quotati in Europa, un portiere di spessore, un titolare della Francia, un centravanti da 85 milioni e uno degli italiani più forti, pareggi in casa contro l’Empoli e il Genoa; fatichi a fare 2-2 con il Verona e il Cagliari, che lottano per non retrocedere; perda con l’Udinese e riesca a battere il Frosinone solo all’ultimo secondo con un po’ di fortuna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Overperformando e Sottoperformando

Probabilmente la Juventus del girone di andata stava overperformando e questa sta sottoperformando, ma uno dei problemi, che dovranno affrontare i dirigenti incaricati della ricostruzione bianconera, sarà distinguere i giocatori da Juventus da quelli che non lo sono. Perché la melassa di mediocrità degli ultimi tre mesi ha confuso molto le idee e non si riesce più a capire chi sta giocando male per colpa delle circostanze e meriterebbe di essere rilanciato e chi, invece, è proprio inadeguato e andrebbe scartato.

Nel passaggio dalla stagione 2010-11 a quella 2011-12, dal terrificante campionato dei record (negativi) di Luigi Delneri al trionfale primo scudetto di Antonio Conte, ci sono stati dei giocatori trasfigurati. Difensori che, qualche mese prima venivano sbeffeggiati da tifosi e critica, sono diventati il reparto difensivo più forte d’Europa per i successivi dieci anni. Questo fa ben sperare, perché probabilmente non è tutto sbagliato e non è tutto da rifare nella Juventus di oggi e chi oggi è massacrato potrebbe essere riverito domani.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessuno lo dimentichi

L’importante è distinguere il bambino dall’acqua sporca e buttare solo quest’ultima. Oggi, dentro la Continassa, prevale l’ansia da qualificazione Champions: tutto è posticipato all’ottenimento aritmetico del ticket milionario alla massima competizione europea. Giusto, anche perché cambia tutto andarci o non andarci. Ma sarebbe opportuno che qualcuno, al più presto, si prendesse la briga di spiegare, di spostare l’orizzonte più in là di un mese e mezzo, di dire qualcosa di veramente e profondamente juventino. O per lo meno più juventino di auspicare un piazzamento fra le prime quattro. La Juventus è un’altra cosa, nessuno lo dimentichi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Più che «anno zero», come l’ha definito John Elkann, la Juventus si trova all’anno “sottozero”, perché - allo stato attuale delle cose - la ricostruzione appare un’opera molto più gravosa e pensare che un paio di talenti low cost, scovati da Cristiano Giuntoli, possano creare una squadra vincente è illusorio almeno quanto credere, come fanno in molti, che la sostituzione di Massimiliano Allegri sia sufficiente per una svolta netta.

La Juventus andata in campo negli ultimi tre mesi è una squadra che riflette una confusione più profonda, una mancanza di sincera compattezza fra il tecnico e tutta la società e l’assenza di una progettualità chiara. Sì, c’è il concetto di “sostenibilità” e “competitività” che si basa molto sulla riconosciuta abilità di Giuntoli nello scouting e sul progetto, genialmente intrapreso cinque anni fa, della seconda squadra. Ma superata la terrificante (e in buona parte ingiusta) tempesta giudiziaria della passata stagione, si ha l’impressione che si navighi a vista, con un allenatore costantemente sotto processo e obiettivi strettamente finanziari a indicare la rotta: l’imprescindibile qualificazione alla prossima Champions di cui il bilancio non può fare a meno è l’unica stella polare indicata con chiarezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
La Juve è un’altra cosa: il problema più grande che dovrà affrontare la dirigenza
2
Cosa manca alla Juve
3
Overperformando e Sottoperformando
4
Nessuno lo dimentichi