Quando Beha disse a Tuttosport: «Calciopoli? Ingiusto punire solo Moggi»

Ecco l'intervista del 6 maggio 2010
Quando Beha disse a Tuttosport: «Calciopoli? Ingiusto punire solo Moggi»© ANSA

TORINO - Per ricordare Oliviero Beha riproponiamo l'intervista, con argomento Calciopoli, pubblicata su Tuttosport il 6 maggio 2010. 

Oliviero Beha, lei indaga giornalisticamente sugli scandali del calcio (e non solo quelli) da trent’anni, che idea si è fatto degli ultimi sviluppi di calciopoli?
«Conosco il calcio e le sue zone grigie, fatte di partite vendute e di arbitri che favoriscono una o l’altra squadra e posso affermare che di arbitri effettivamente “corrotti” ce ne sono pochi. Ci sono arbitri che vogliono fare carriera e per farla non possono che aiutare le grandi del momento.La Juventus se in quel momento è forte la Juventus, ma anche l’Inter, il Milan... Questa è la premessa numero uno».

La seconda?
«Le regole del calcio sono tali per cui è difficile smascherare la mascalzonaggine in modo certo. Quasi impossibile avere la pistola fumante, perché l’errore di un arbitro, così come di un giocatore, non si può scientificamente definire volontario. E, in fondo, proprio a questa indimostrabilità è legata la magnifica imprevedbilità del calcio, che ne rappresenta il fascino».

In questo scenario, come si inquadra calciopoli?
«E’ chiaro che dell’articolo uno, inteso come della lealtà sportiva non gliene frega più niente a nessuno. La stessa parola lealtà o lo stesso concetto di etica sono anacronistici nel calcio, diventato una specie di franchigia etica, dove si sono mossi i protagonisti di questa vicenda. Moggi si muoveva “meglio” degli altri, aveva sviluppato un sistema più organizzato ed efficente, ma non è che gli altri se ne stavano con le mani in mano. Tutti volevano essere come Moggi, con lo stesso potere e la stessa organizzazione. Le nuove intercettazioni che colpevolmente sono state ignorate nel 2006 lo stanno dimostrando. Se lui era il “capo mafia”, come minimo esistevano altre cosche. E tutto questo con il beneplacito della Figc».

Perché?
«Perché il sistema è intrinsecamente sbagliato. In qualsiasi stato civile esiste la divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Pure in Italia... Lo “stato calcio” riunisce questi poteri nel presidente federale il cui potere arriva direttamente e indirettamente dai club. In un meccanismo così perverso come fa la cosiddetta giustizia sportiva a indagare imparzialmente sulla Federazione stessa? O come fanno gli arbitri, che dipendono anche economicamente dalla Federazione e dai club, ad arbitrare contro le grandi squadre? Devi essere scemo a favorire il Chievo quando gioca contro il Milan, l’Inter o la Juve. E come fa un procuratore federale ad indagare su Carraro? Ciò che è successo con Carraro, per esempio, è scandaloso: non si è arrivati neppure al processo. Non dico che dovesse essere assolutamente condannato, ma nemmeno arrivare a un processo, visto che le sue telefonate non le ho ascoltate solo io».

C’è differenza fra le telefonate di Moggi e quelle degli altri dirigenti e presidenti emerse in queste settimane?
C’è una differenza di linguaggio. Moggi è più grezzo di un Moratti, ma dal punto di vista etico non vedo grande differenza. Vedo un sistema dove tutti trattano gli arbitri come merce e gli arbitri sono ben felici di farsi trattare come merce. Le nuove telefonate dimostrano l’enorme ipocrisia di chi ha creduto che le sentenze sportive del 2006 avessero ripulito il calcio, trasformando Moggi nella discarica dove rovesciare tutto il marcio. Il loro silenzio di questi anni non è etico e viene smascherato dalle cosiddette “nuove” intercettazioni. Se fossero state ascoltate nel 2006 il giudizio sarebbe avvenuto in un clima diverso e con la consapevolezza che c’era una mancanza di lealtà sportiva generalizzata. E la giustizia sportiva non era in grado di intervenire, anche perché chi, come Facchetti, veniva a sapere qualcosa, invece di andare dalla giustizia sportiva o quella ordinaria cercava di farsi giustizia da solo, organizzandosi indagini private ».

Poi è intervenuta la giustizia ordinaria...
«Che non ha gli strumenti per chiarire la verità nel mondo del calcio. Dal punto di vista penale come si possono analizzare ed eventualmente condannare questioni di calcio, torniamo alla mia premessa: c’è una sorta di indimostrabilità nella quale si impantana qualsiasi procedimento penale.Vedi le questioni sulle plusvalenze, che finiscono sempre nel nulla perché nessuno può definire con certezza il valore di un giocatore ».

Quindi che succederà al processo di Napoli, del quale lei ha seguito personalmente le ultime udienze?
«Non faccio pronostici, piuttosto dico che sarà difficile per il giudice mettere a fuoco il reato. Dicono: c’era una cupola che controllava il calcio attraverso gli arbitri.Bene, ma poi devono dimostrarmi con certezza quando, come e dove gli arbitri hanno chiaramente favorito la Juventus. E lì diventato tutto più difficile. Anche perché il dibattimento sta dimostrando che gli arbitri non erano esattamente un battaglione compatto al comando di Moggi».

Narducci è apparso in difficoltà nelle ultime udienze.
«Sì, ma per favore non mettiamoci a tifare per Narducci o per i legali di Moggi.Questo è un Paese dove il tifo è una malattia che contagia qualsiasi cosa: questo è un processo, dobbiamo tifare per la verità e la giustizia».

Sul fronte sportivo si parla con insistenza della revoca dello scudetto del 2006.
«Lo scudetto di cartone è il simbolo paradossale di questa vicenda. Quello scudetto non andava accettato in principio. Giusta era l’ironia di chi diceva che l’Inter si prenderebbe anche la maglia gialla del Tour se trovassero positivo al doping il vincitore. Se ora lo revocassero sarebbe comunque un segnale. Darebbero indirettamente ragione a Moggi, perché sarebbe l’ammissione che qualcosa nel 2006 non è stato fatto a regola d’arte». Il calcio italiano ha superato tanti e gravissimi scandali. Morirà mai? «Si sono estinti i dinosauri, potrebbe morire anche il calcio se non recupera l’etica».

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