Ancelotti è a spasso. Ma al Milan dice no

Su Instagram Carletto ha salutato i tifosi sui social network: «Sono stati due anni fantastici»
Ancelotti è a spasso. Ma al Milan dice no© www.imagephotoagency.it

MILANO - Una notte di riflessione. Carlo Ancelotti si è congedato da Adriano Galliani, incontrato a cena all'Hotel Wellington di Madrid (summit iniziato alle 21.30, presenti anche l'intermediario Ernesto Bronzetti e la moglie del tecnico), con un «no, grazie» non ancora definitivo. Il tecnico, licenziato ieri sera da Florentino Perez (l'annuncio alle 20.16), ha esposto tutti i perché dei suoi dubbi a tornare a Milanello dove sono pronti ad accoglierlo con tappeto rosso e una rosa rinforzata e in grado, secondo i piani di Silvio Berlusconi, di riconquistare la Champions in tempi brevi. Stamani Ancelotti darà il suo responso definitivo a Galliani che ha deciso di fermarsi a Madrid almeno fino a domani, ma secondo persone vicine al suo entourage, l'ormai ex allenatore del Real confermerà il no, tant'è che fino a ieri sera il suo staff sapeva di avere a disposizione un anno di "libertà".

Carte in tavola - Già, perché Ancelotti a Galliani ha spiegato anche dal vivo la sua volontà di fermarsi per una stagione. Gli ultimi sei anni sono stati intensi. Lasciato il Milan, Carletto ha guidato e portato al successo Chelsea, Psg e Real Madrid: impegni non leggeri. Ancelotti fra un mese circa diventerà nonno e, come rivelato ieri a "Il Giornale", dovrà sottoporsi a Vancouver, dove ha preso una casa, a un intervento alla cervicale per via di una stenosi che lo fermerà per qualche settimana. E' chiaro, però, che questi siano "problemi" secondari. Se il Real non lo avesse sollevato dall'incarico, Ancelotti non si sarebbe tirato indietro. Semmai la questione è relativa alla reale convinzione di rimettersi in gioco al Milan dopo un decennio e passa alla guida di corazzate da titolo: la squadra rossonera per la prossima stagione, al di là dei possibili investimenti importanti che Galliani ha illustrato al tecnico (molti giocatori di prima fascia a partire da Ibrahimovic, Falcao, Mandzukic e Jackson Martinez), non dà la garanzia di poter tornare subito competitiva. Ci vorrà un lavoro di ricostruzione e Ancelotti ha dimostrato negli anni di essere un gestore di campioni, più che un maestro per giovani talenti. Ecco perché il tecnico aveva visto di buon occhio l'opportunità Manchester City o addirittura la successione di Guardiola al Bayern se si fosse consumato subito il divorzio. Rimanere fermo, fra l'altro, permetterebbe ad Ancelotti di lasciarsi aperta fra dodici mesi la possibilità di raccogliere il testimone di Antonio Conte alla Nazionale dopo gli Europei. Insomma, le ragioni per dire no al Milan sono tante, così come sono diversi i motivi, compreso quello emotivo, che potrebbero - a sorpresa, a questo punto - convincerlo stamani a dire di sì: vincere un giorno la terza Champions con un solo club (non ci è mai riuscito nessuno), diventare l'allenatore con più presenze nella storia del Milan (è secondo dietro Rocco).

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