<p>Mihajlovic, ora sei  (quasi) fuori dal Milan</p>

Berlusconi è stufo: senza due vittorie con Samp e Frosinone, sarà addio
Mihajlovic, ora sei  (quasi) fuori dal Milan
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TORINO - Sinisa Mihajlovic è un uomo sempre più solo. E ora è arrivata pure la mannaia presidenziale. La sensazione è che il countdown sia iniziato perché Mihajlovic, a differenza di Massimiliano Allegri, riuscito a galleggiare per mesi e mesi nonostante la sfiducia di Silvio Berlusconi, non ha l’appoggio di Adriano Galliani. Il quale, l’epitaffio sulla breve era del Sergente di Vukovar a Milanello, l’aveva già scritto prima dell’1-1 con il Verona: «Il presidente fa il presidente da 30 anni e io faccio l’amministratore delegato da 30 anni: è normale che chi arriva da poco debba adattarsi alla nostra linea». Una sfiducia manifesta, quella nei confronti dell’allenatore, che non può che ripercuotersi sulla squadra. Perché Berlusconi e Galliani restano convinti che l’organico sia “da Europa” e questo rappresenta un alibi di ferro per i giocatori mentre un insostenibile peso per chi li allena.

Senza identità A far precipitare la situazione una serie di concause. Innanzitutto il Milan è apparso a Berlusconi e a Galliani una squadra senza un’identità e senza quello spirito combattivo che doveva essere una qualità peculiare per un allenatore quale è Mihajlovic. Il quale ha già cambiato tre sistemi di gioco per cercare di trovare un assetto convincente senza però mai riuscirci: per tutto il pre-campionato si era concentrato sul 4-3-1-2 (con buoni riscontri estivi, poi sono arrivate le partite ufficiali che hanno mostrato l’inconsistenza di Honda e l’assenza di un trequartista all’altezza), poi è passato al 4-3-3 quindi è ripiegato sul 4-4-2. Il tutto condito da risultati ondivaghi: il tris di vittorie su Sassuolo, Chievo e Lazio pareva l’inizio di un’età dell’oro in salsa rossonera, poi sono arrivati il ko allo Stadium condito da barricate e dall’assenza totale di ripartenze per provare a impensierire la Juventus ed, è storia recente, il doppio testacoda con Carpi e Verona in 180’ di campionato che, in base alle tabelle stilate da Mihajlovic, avrebbero dovuto rilanciare le euro-ambizioni del Milan. Così le prossime due, di partite, saranno decisive per salvare la panchina.

Che silenzio sugli arbitri! Il clima surreale che si è creato a Milanello (dove il distacco tra allenatore e società è sempre più marcato: tra l’altro il club non ha preso nessuna posizione dopo l’attacco di Mihajlovic a Valeri), la contestazione montante dei tifosi e pure i continui rallentamenti nella trattativa con Bee Taechaubol sono tutti motivi di preoccupazione per il presidente. Berlusconi, qualora il Milan dovesse continuare sulla china intrapresa nelle ultime due partite, si sentirebbe in dovere di intervenire per mostrare il volto decisionista di un club che non ha mancato di irrorare soldi nel mercato estivo, chiuso con un esborso di 86 milioni. Il momento è delicato per tutto il Milan e Mihajlovic sembra essere la vittima sacrificale. Anche perché molte sue esternazioni lo hanno fatto sembrare un corpo estraneo all’interno del club. In società non è stata gradita la sua aggressività verbale e pure alcune uscite infelici su Berlusconi: magari saranno state soltanto delle battute di spirito però - visti i risultati - a nessuno, a Casa Milan, è venuta voglia di ridere.

 

Dimissioni? Ieri si è pure diffusa l’indiscrezione di un Mihajlovic disposto anche a dimettersi visto il vuoto creatosi intorno a lui: difficile che un allenatore dalla sua tempra sia portato a prendere una simile decisione. Non farebbe parte del suo dna. Nel caso, toccherà a Berlusconi recidere il cordone ombelicale prendendosi tutte le responsabilità della scelta. Le alternative, pur avendo già due allenatori a libro paga (Seedorf e Inzaghi) non mancano: la soluzione più naturale (ed economicamente vantaggiosa) porta a Tassotti oppure a una diarchia Brocchi-Lippi. Però a stuzzicare le fantasie presidenziali potrebbero essere tre big della panchina senza lavoro, ovvero Prandelli, Guidolin e Spalletti. L’esempio, in tal senso, potrebbe essere quello dell’Inter con Roberto Mancini che nel mercato di gennaio 2015 ha posto le basi per l’exploit di questa stagione.

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