MILANO - Cinque mesi per finire il lavoro. Per portare il Milan nella nuova Champions ’24-25 - affermare oggi di provare a rientrare nella lotta scudetto è esercizio probabilmente troppo ottimistico - e cercare di vincere un trofeo, magari due, fra Europa League (mai vinta dal club, neanche quando si chiamava Coppa Uefa) e Coppa Italia (che manca dalla bacheca dal 2002-03). Stefano Pioli, nonostante un contratto rinnovato quindici mesi fa fino al 30 giugno 2025 e la rinnovata fiducia nei suoi confronti da parte della società - il 30 dicembre l’ad Furlani si esprimeva così: «Dobbiamo dargli una rosa completa, non reputo giusto metterlo sempre in discussione» -, sa che difficilmente la sua lunga storia col Milan proseguirà al termine di quest’annata che, salvo clamorose sorprese, lo vedrà diventare il sesto allenatore di sempre per presenze della storia rossonera, superando pure un mito come Arrigo Sacchi (220 panchine, Pioli è a 213).
L’altalena di risultati nel 2023 e i tanti infortuni, oltre al feeling che si è un po’ sfilacciato con l’ambiente della tifoseria, sembrano portare ai titoli di coda. Pioli, però, se non instillare un dubbio nella dirigenza - per esempio, è forte il rapporto con Ibrahimovic -, intende chiudere al meglio questo ’23-24 per lasciare un ricordo positivo nel club in cui ha vissuto il periodo più lungo della sua carriera in panchina. Certamente dovrà entrare fra le prime quattro: già mettere a rischio questa posizione, metterebbe automaticamente a rischio la sua da qui al termine del campionato. Poi un bel cammino nelle coppe sarebbe un'ottima ciliegina per chiudere il cerchio.