Ancelotti innamorato di Napoli: «Sto da Dio, non ho problemi»

L'allenatore spiega la sua filosofia di vita: «Nella vita e nel calcio le sconfitte dobbiamo considerarle opportunità per crescere»
Ancelotti innamorato di Napoli: «Sto da Dio, non ho problemi»© Marco Canoniero

NAPOLI - Tra calcio e filosofia di vita. Carlo Ancelotti ha riavvolto il nastro della sua carriera in occasione della presentazione a Napoli del libro di Alessandro Alciato «Demoni». «Qui a Napoli sto benissimo, non ho nessun "demone",  sto da Dio - ha spiegato l'allenatore azzurro -. Il mio segreto per il successo? Ho tanta voglia di allenare, faccio quello che mi piace e ho una passione costante; in un gruppo è importante coinvolgere tutto lo staff nel proprio lavoro, perché questo migliora la qualità di tutti i rapporti umani e lavorativi. Quando il mio livello di stress sarà troppo elevato allora smetterò».

FILOSOFIA  - «Nella vita e nel calcio le sconfitte dobbiamo considerarle opportunità per crescere - ha continuato -. Non è facile, ma è la strada giusta. Nella mia carriera da calciatore ci son stati momenti di difficoltà quando arrivava un infortunio. Ma non mi sono mai fermato troppo a pensare, ero giovane e incosciente, tutto mi ha aiutato a crescere. Le sconfitte ce le sentiamo addosso ogni volta, ma la vita è piena di problemi molto più gravi di una partita di calcio».

PIPPO E SHEVA - Ancelotti poi ha parlato anche di come si gestisce il gruppo: «Shevchenko ed Inzaghi? Hanno giocato tante partite assieme, sono due attaccanti forti ma molto diversi caratterialmente: Sheva parlava di meno per i problemi con la lingua, quindi guardava le cose piuttosto che sentirle da me. Demoni? Per un allenatore lo può essere il calciatore egoista, poco professionale, ma adesso è abbastanza professionale, molto di più di quando giocavo io. Comunque è importante saper gestire lo stress: è una cosa che ci accomuna tutti, ma se lo sappiamo riutilizzare può diventare energia».

IBRA E KALADZE - Non poteva mancare una considerazione su Ibrahimovic«L’immagine che dà di sé è completamente diversa da quella che regala nello spogliatoio. La vicenda vissuta da Kaladze è stata per noi molto particolare in quegli anni al Milan, ci ha mostrato sempre molta dignità e dal punto di vista professionale è stato perfetto. Quando venne fuori la notizia della morte  del fratello c’era una gara importante per gli Ottavi di Champions contro il Bayern Monaco, noi pensavamo che la persona venisse prima del calciatore ma lui non ebbe dubbi e scelse di restare con noi».

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