Roma, Florenzi: «Senza il pallone forse avrei fatto il barista»

Il calciatore giallorosso racconta il suo rapporto con il calcio partendo da quando era bambino
Roma, Florenzi: «Senza il pallone forse avrei fatto il barista»© www.imagephotoagency.it

TORINO - Ora che Francesco Totti ha appeso le scarpe al chiodo, più che mai si deve parlare alla Roma di Nuovo Inizio. Tra l’altro, come se non bastasse, anche il cambio in panchina con Di Francesco al posto di Spalletti. E allora in questa Roma orfana di due dei volti più popolari ecco che salgono alla ribalta il nuovo capitano De Rossi e Alessandro Florenzi, romanista doc, cresciuto nelle giovanili giallorosse e uno dei protagonisti dello spot di Sky che sposa la filosofia «Nuovo Inizio». Prima di ospitare alcune dichiarazioni del jolly romanista sul suo inizio con il calcio, tratte dallo speciale di Sky dedicato alla campagna, ecco la fotografia che wikipedia propone su di lui. «Cresce nel settore giovanile della Roma. Nonostante le iniziali difficoltà, il giocatore conquista la fiducia di Bruno Conti, il quale lo integra subito nella squadra. Sotto la guida di Alberto De Rossi, Florenzi diviene titolare e capitano della squadra e, nella stagione 2010-2011, firma complessivamente 15 reti stagionali e conquista lo Scudetto Primavera. Esordisce in Serie A il 22 maggio 2011, a 20 anni, subentrando al 41’ della ripresa a Francesco Totti nel corso di Roma-Sampdoria». E allora ecco gli inizi di Florenzi, passato alla ribalta anche per una sua esultanza particolare, ovvero la corsa in tribuna a salutare e abbracciare la nonna che era allo stadio Olimpico per vedere la partita del nipote. 

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FLORENZI E IL CALCIO «Sono contento di fare questo mestiere. Non so cosa avrei fatto d’altro, forse il barista, perché lo fanno un po’ di miei amici. Scherzo, non so, ma penso che avrei lavorato nel mondo della ristorazione. Il primo ricordo, se penso al calcio, è legato a quando giocavo da bambino nella Pozzolana, al centro sportivo di Acilia, dove i miei genitori avevano il bar: il pallone è la cosa che mi ha accompagnato per primo nella vita. Per me è stato sempre importante il valore della squadra, il valore del gruppo, soprattutto, è la cosa che secondo me ti fa vincere o perdere un campionato, piuttosto che una competizione. Il futuro del calcio italiano sono sicuramente i giovani. Io ho 26 anni, sono nella fase di stallo tra giovane e vecchio, diciamo. Ci sono tanti giocatori bravi che stanno crescendo sempre di più e questo fa sicuramente piacere per un sistema che sta avendo una buona rinascita. Penso che la frase dello scrittore uruguaiano Eduardo Geleano, “per spiegare a un bambino cos’è la felicità gli darei un pallone per farlo giocare", sia perfetta per spiegare il concetto di gioia. Questo è quello che il calcio mi ha dato. Io sono felice quando ho un pallone tra i piedi». Parole sincere, da un ragazzo che ha sempre saputo mantenere i piedi per terra anche quando è entrato nel calcio che conta, fatto di interviste e contratti milionari destinati obtorto collo a stravolgere la vita. L’importante è saperla sempre incanalare verso la direzione giusta.

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