Bianchi, emozione a Torino. Ma ora è un'altra squadra

Per l’attaccante una partita speciale dopo cinque anni, 77 gol e una maglia che ha saputo amare. L’addio in silenzio, non come quello di D’Ambrosio
TORINO - Praticamente nove mesi dopo l’ultima volta, Rolando Bianchi ritroverà il pubblico che l’ha coccolato e adottato per cinque anni, per la prima volta da avversario in quell’Olimpico che per un lustro è stato casa sua. Emozionarsi è finanche banale, automatico sarà pensare a quell’ultimo abbraccio di fine maggio, con l’addio ormai conclamato a quella maglia che ha indossato come una seconda pelle. «Nemici mai», cinguettava l’ex capitano sul profilo twitter, introducendo una settimana per lui certamente speciale. Perché cinque anni non si dimenticano, specialmente per chi come lui è entrato in simbiosi con un ambiente che tanto gli ha dato. E il bomber ha ricambiato con 77 gol: tanti in serie B, certo, però pesanti, determinanti nel contribuire all’uscita dalle sabbie mobili del purgatorio per tornare in paradiso, nella categoria che al Torino compete. Lui, Rolando, se ne era fatto una malattia, aveva vissuto la retrocessione con l’autentica sofferenza del tifoso e si era posto l’obiettivo nella testa e allo stesso tempo dentro il cuore: «Non andrò via finché il Toro non sarà tornato dove merita, cioè in serie A». Caparbio da orgoglioso bergamasco qual è, Bianchi è riuscito a mantenere la promessa a se stesso e ai tifosi granata: quella promozione nel 2012, al primo anno dell’impero Ventura , l’ha sentita anche sua, nonostante un impiego decisamente ridotto rispetto alle stagioni precedenti e l’emergere di una sorta di “incompatibilità” tecnica tra le caratteristiche del centravanti e l’impostazione di gioco del tecnico genovese.

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