Ferrante, ecco Toro-Napoli tra Maradona e la Maratona

L'ex-bomber ha nel cuore sia l'azzurro sia il granata: «Sono cresciuto calcisticamente con i partenopei, dove sono arrivato a 13 anni. Tutta la trafila delle giovanili, e io giocavo sempre nella categoria superiore, sino alla prima squadra in cui sono approdato a 15 anni e mezzo. A Torino invece mi sono poi affermato da attaccante riuscendo a segnare 127 gol»
TORINO - Marco Ferrante, Torino-Napoli è il riassunto della sua vita?
«In un certo senso sì. Sono cresciuto calcisticamente nel Napoli dove sono arrivato a 13 anni. Tutta la trafila delle giovanili, e io giocavo sempre nella categoria superiore, sino alla prima squadra in cui sono approdato a 15 anni e mezzo. Al Toro invece mi sono poi affermato da attaccante riuscendo a segnare 127 gol».

Le sue due squadre ma anche le sue due città. Cosa mixerebbe di Torino e Napoli?
«A Napoli vivono i miei genitori, a Torino ci vivo io. Sotto la Mole porterei il mare napoletano, a Napoli porterei un po’ del lavoro e del tanto verde che c’è a Torino. una città stupenda dove si sta benissimo e invito gli scettici a provarlo. Ricordo i primi giorni quando arrivai, tutti mi avevano parlato della nebbia, della gente fredda, del fatto che non si sapeva manco la faccia del vicino di casa. Tutte stupidaggini, Torino è una città bellissima».

Restiamo in parallelo con le due esperienze calcistiche: il Napoli e il Torino. Per quello che ha provato in prima persona quali sono state le due icone?
«Non ho dubbi: Maradona e la Maratona. Partiamo in ordine cronologico con Diego. Io ho avuto la fortuna di allenarmi con lui quando in settimana ero aggregato alla prima squadra e mi allenavo con i grandi. Ho fatto pure qualche panchina nell’anno dello scudetto. Bene, è difficile spiegarsi con le parole, certe cose bisogna viverle: vedere Maradona allenarsi e allenarsi con lui era puro spettacolo. Ma pure fuori dal campo. Ti sedevi al tavolo e lui iniziava a palleggiare con le spalle con un’arancia, un limone o qualche altro frutto che gli capitava a tiro sino a quando non era ammaccato per sfinimento... Se ci ripenso mi sembra ancora adesso impossibile la naturalezza con cui faceva le giocate più incredibili. Per lui era tutto facile. Ma il segreto, insieme al suo talento pazzesco, era un altro. Faceva tutto, col pallone e senza, col sorriso stampato in faccia. E questo aiutava tantissimo l’umore del gruppo. Io poi, da punta, cercavo di rubare i segreti a Careca. Ho giocato con i più grandi di questa era avendo militato pure nell’Inter dove c’era Ronaldo. Ma non c’era storia. Diego era di un altro pianeta. Al Torino invece ho capito cos’è e cosa rappresenta la Maratona. Una curva unica, dove la gente vive di passione pura per il Toro. Ma davvero, non a parole. E poi la storia che si respira. Per la gente granata è come se il Grande Torino fosse ancora vivo. Basta vedere cosa succede al 4 maggio ogni anniversario con la mobilitazione in massa a Superga».

Dove guarderà Torino-Napoli?
«Molto probabilmente allo stadio. Voglio vedermi la sfida dal vivo. Ha un altro fascino, la partita si vive con una intensità differente».

Che partita si aspetta?
«Diciamo che per il Napoli è più insidiosa perché ha più da perdere essendo favorito. Dal Toro mi aspetto una partita in cui lascerà l’iniziativa ai partenopei per poi provare a colpire in contropiede che è l’arma in più dei granata. Dalla sua il Toro ha la fortuna di poter giocare con serenità avendo di fatto raggiunto la salvezza mentre il Napoli, che insegue il secondo posto, avrà più tensione. Io credo che la squadra di Ventura proverà soprattutto ad approfittare dei momenti in cui il Napoli, votato all’attacco, si farà trovare scoperto».Leggi l'articolo completo su

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