I due comandamenti Toro. Tenere Ventura e costruire!

Cairo deve fare di tutto per trattenere il tecnico delle ultime brillanti stagioni e non fermarsi nel processo di edificazioni di una squadra sempre più competitiva
I due comandamenti Toro. Tenere Ventura e costruire!© LaPresse
TORINO - Continuare a costruire, niente più. E' e deve essere l'unico comandamento che guida le faccende del Torino inteso come società. Chi ci lavora, chi si adopera per lei non ha da sfogliare altri manuali. Basta questo, semplice e diretto. Per seguirlo ed eseguirlo, ora, sono tre i commi da rispettare: migliorare quanto più possibile i risultati sul campo; non smantellare l'organico cedendo i migliori; trattenere Giampiero Ventura. Il primo è il più immediato: la squadra granata, che ha ritrovato l'Europa dopo un ventennio di miserie, può ancora raggiungere il sesto posto. Oggettivamente, il traguardo appare difficilissimo, tuttavia è importante perseguirlo con quanta più convinzione e volontà si possiede. Non solo perché dare continuità alla presenza europea sarebbe fantastico poeticamente e utile prosaicamente (dagli introiti all'appeal sul mercato, dall'entusiasmo dei tifosi al prestigio, dal marketing agli sponsor), ma anche per alimentare una mentalità vincente e mandare un nuovo segnale di definitivo ritorno all'ambizione che un tempo era parte integrante della maglia granata.

MAI ARRENDERSI - Il secondo è il più in là nel tempo, però l'abbiamo messo in mezzo agli altri due giacché degli altri due si alimenta (o si affama...). Guardiamolo tuttavia con realismo. Che il Torino non possa (ancora? per il momento?) competere economicamente con realtà opulente dai fatturati multipli del suo è un dato di fatto e non lo si può sottilizzare con un'alzata di spalle. Questo non significa arrendersi supinamente. Anzi, ripreso finalmente il circolo virtuoso costituito dal saper scegliere, valorizzare e crescere calciatori, è dovere assoluto irrobustirlo traendone non solo linfa economica. Crescere, per il Torino, significa giocoforza fare cassa, ma significa pure essere sempre meno costretto a farlo. Esempio pratico: se un anno fa, degli assi di mercato in tuo possesso “dovevi” venderne due su due, adesso magari “devi” venderne uno solo. In futuro, forse, non sarai neanche costretto a farlo, per lo meno non a ogni estate. Insomma, per continuare a costruire il Torino e “costruire” nuovi Immobile e Cerci, nuovi Darmian e Glik e Maksimovic e Bruno Peres, il Torino non deve vendere Darmian, Glik, Maksimovic, Bruno Peres. Palese che se la società cresce, e la squadra migliora, e le Coppe non sono un'estemporanea casualità, diventa più facile trattenere i migliori. Ancor più facile se il Progetto Ventura prosegue e avanza.

IL CONDOTTIERO - Arriviamo così al terzo comma: non perdere Ventura. Assoluto domatore di un Toro imbizzarrito che non c'era verso di far rientrare nel suo recinto di pulizia e grandezza. Lui ce l'ha riportato: con un immane lavoro quotidiano, tecnico e psicologico, manageriale e di pensiero. Scegliendo i giocatori, qualche volta sbagliandoli, ma il più delle volte migliorandoli in maniera determinante. Creando ricchezza tecnica e ricchezza economica. Una rivoluzione copernicana - prorogata, mantenuta - nel mondo Toro dell'ultimo ventennio, che adesso deve essere eternata e diventare definitiva. Il Torino non può farsi scappare Ventura, non ora. Certo, ha ancora un anno di contratto (scade nel 2016), ma poco importa: la società deve fare in modo che non soccomba alla stanchezza, alle sirene allettanti che girano come condor sulla sua testa (Milan, Samp, addirittura qualche Nazionale), al timore di non poter andare ancora più su, col Toro. No, il Toro deve andare più su: e Ventura merita di esserne alla testa. Solo allora, l'allenatore potrà uscire dalla cronaca granata per passare alla storia, senza che il Torino di Cairo rischi una terribile, fatale ricaduta.

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