Pasquale Bruno: «Torino, rispetta i tuoi tifosi!»

Parla uno dei leader del miglior Toro dopo quello dello scudetto: «Un granata non capisce certi atteggiamenti in campo e fuori»
Pasquale Bruno: «Torino, rispetta i tuoi tifosi!»© www.imagephotoagency.it

TORINO - «Non capisco Cairo, non capisco Ventura, non capisco certi atteggiamenti dei giocatori. Li trovo così distanti, tante volte. Lo scriva subito a chiare lettere: Pasquale Bruno non si identifica proprio in questo Toro».

I motivi principali?

«Guardi, non è neanche un fatto di risultati in sé e per sé. Si può anche perdere, ci mancherebbe. Ma è il come che lascia perplessi, o che fa proprio arroventare l’animo. Certi atteggiamenti dopo le partite mi fanno persino più arrabbiare delle sconfitte. Io nel Toro ci ho giocato, ho dato l’anima, lo sento dentro nel sangue, tifo col cuore. Poi però vedo dei teatrini assurdi, come dopo questo noioso 0 a 0 con il Carpi. Oppure sento alibi, scuse».

A cosa si riferisce in particolare?

«Penso per esempio a Ventura, che tutte le volte o quasi parla di pressioni esterne, di giocatori stressati dalla critiche, dall’ambiente. Trovo tutto incredibile. Non sta né in cielo né in terra questa cosa. Torino è una città bellissima. La tifoseria granata è calda, passionale, generosa. Paziente con i giovani. Accetta di lottare per obiettivi realistici, non chiede la luna, sopporta, ci mette il cuore. I tifosi del Toro antepongono l’orgoglio, lo spirito, il granatismo. Chiedono di essere compresi in questo attaccamento viscerale. Anche l’altro giorno... Domenica... C’erano 23 mila spettatori, hanno tifato dall’inizio alla fine, nonostante lo spettacolo deludente... Dove sono le pressioni? Le tensioni esagerate? Se davvero non sopportano la piazza, allora vadano da Cairo, straccino i loro contratti, rinuncino a guadagnare il loro milione all’anno, i loro sette, ottocento mila euro, e vadano a giocare a Dubai, o alle Maldive. Ma serve la dignità per fare così. Torino è una piazza meravigliosa, ma va capita. Certo, la maglia granata pesa più di tante altre, per la storia che ha, per l’importanza della città. Ma dà anche tanto di più, in termini di soldi e di visibilità. Però bisogna avere carattere, personalità, orgoglio. Continuo a non capire: come si fa a parlare di pressioni che inibiscono i giocatori, quando 23 mila spettatori tifano per 90 minuti in una partita contro il Carpi penultimo in classifica? Allora cosa avrebbero dovuto fare ai miei tempi davanti a 60 mila persone al Delle Alpi, magari contro il Real Madrid? Questi giocatori di oggi si sarebbe dovuti mettere il pannolino per giocare?».

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