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TORINO - L’indipendenza intellettuale e il carattere schietto (fin troppo, secondo alcune componenti societarie) che ha finora mostrato Mihajlovic ci fanno escludere che la sua uscita di ieri su Belotti sia figlia di qualche strategia (di Cairo, pensano i soliti maligni) finalizzata a preparare il terreno di una cessione, per deresponsabilizzare il club a fronte di offerte allettanti. Più plausibile, semmai, che Sinisa abbia voluto deresponsabilizzare e magari scuotere un po’ il ragazzo, al centro d’un vortice di inedite attenzioni e pressioni, e comprensibilmente roso da tanti pensieri e dubbi: al netto del suo immutato sbattersi, di una fisiologica stanchezza e dell’ansia per un titolo di capocannoniere sempre più a rischio, è stato peraltro evidente un certo calo di lucidità esecutiva del Gallo nelle ultime partite. Il tecnico avrà poi inteso parlare a nuora perché suocera intenda due o tre concetti: focalizzazione assoluta e inequivocabile di ogni componente granata sul progetto di rilancio in Italia e per l’Europa (doveroso e del resto annunciato anche dalla società), condivisione delle ambizioni nei fatti e non solo nelle parole, scongiurare il nuovo protrarsi di equivoci di mercato che da troppo tempo caratterizzano le estati (pure gli inverni) del Toro, deflagrando l’anno scorso nel caso Maksimovic.
Ci sta poi che, dopo aver auspicato a più riprese la permanenza del Gallo, il tecnico abbia voluto dargli atto di una scelta non facile, qualora si presentasse l’opportunità di calcare altri palcoscenici e soprattutto di guadagnare un sacco di milioni. Ljajic, dal canto suo, è stato ancora più esplicito, e ci sta pure questo. A noi e ai tifosi, però, interessa di più focalizzarci sui motivi (tanti, ottimi, importanti) per cui è il caso di andare avanti insieme. E ricordare che non di solo pane vive l’uomo.