Superga, Belotti legge i 31 nomi #GrandeTorino

Sul colle il ricordo dei caduti di Superga in quel maledetto 4 maggio 1949
Superga, Belotti legge i 31 nomi #GrandeTorino

TORINO - L'omelia di don Riccardo Robella per le celebrazioni del 4 maggio a Superga, in basilica. «Potrete vincere trenta scudetti, dieci Champions League. Quello che vivete qui però è unico, qui siamo una grande famiglia. Con la morte di Sauro Tomà abbiamo perso l'ultimo genitore, ora sta a noi essere guidati da lassù». Poi, capitan Andrea Belotti che legge i 31 nomi. Serissimo, deciso, con quel pizzetto che lo rende ancora più sicuro. Con il culmine su «Il nostro capitano: Valentino Mazzola». Sul colle sono saliti oltre duemila tifosi, tanti anche al Fila per commemorare gli Invincibili. Ed è stata grande emozione, per tutti.
 

I Campioni d’Italia

Bacigalupo Valerio

Ballarin Aldo

Ballarin Dino

Bongiorni Emilio

Castigliano Eusebio

Fadini Rubens

Gabetto Guglielmo

Grava Revelli Ruggero

Grezar Giuseppe

Loik Ezio

Maroso Virgilio

Martelli Danilo

Mazzola Valentino (cap.)

Menti Romeo

Operto Piero

Ossola Franco

Rigamonti Mario

Schubert (Subert italianizzato) Giulio (Julius)


Dirigenti e Tecnici

Agnisetta Arnaldo

Bonaiuti Andrea

Civalleri Ippolito

Cortina Ottavio

Egri Erbstein Ernest

Lievesley Leslie


Giornalisti

Casalbore Renato

Cavallero Luigi

Tosatti Renato


Equipaggio

Bianciardi Cesare

D’Inca Celeste

Meroni Pier Luigi

Pangrazzi Antonio


DA GLIK A BELOTTI - Il primo capitano straniero della storia granata. Il primo a leggere quei 31 nomi ad alta voce, con fermezza e orgoglio. Kamil Glik ha indossato la fascia con fierezza e per il suo “debutto” sul colle ha tirato fuori carattere e personalità. Con pronuncia sicura e da giocatore internazionale. Trentun nomi da far riecheggiare in un’atmosfera unica, tra partecipazione emotiva e commozione. Un silenzio rotto dalla sua voce, con il tono che aumenta di gradazione quando arriva il momento del capitano, il Capitano: Valentino Mazzola. «Il nostro Capitano», di allora e per sempre.
Camillo ha lasciato il segno nei suoi cinque anni granata. Ha finito magari non come voleva (ovvero lasciando la squadra in Europa), ma ha contribuito alla grande a ricreare un gruppo forte. E’ andato al Monaco, giusto dietro l’angolo. E ogni tanto si rifà vivo. E forse ri-indosserà quella maglia con la quale è cresciuto fino a conquistare i Mondiali con la sua Polonia. Perché lui lì ci sarà, in Russia. Camillo che ha salutato con la fascia nel cuore: «Quando tornerò andrò ancora a Superga per dire una preghiera: devo dire anche grazie al Toro se il 4 maggio, leggendo quei 31 nomi, ho provato, come uomo, un’emozione che non si può descrivere. Abbiamo raggiunto traguardi prestigiosi. Siamo cresciuti tantissimo insieme. Restate sempre vicini alla squadra, anche quando perde. Essere granata vuol dire anche questo».
 
Mazzola, aiutalo tu
 
E salire a Superga, per ogni capitano, è un onere-onore. E’ toccato anche ad Andrea Belotti, lo scorso anno, l’anno dell’esplosione, della consacrazione: campione, bomber, idolo. Quasi con un groppo in gola, con un tremolio sgorgante, ha scandito i trentuno nomi, uno dopo l’altro. Immortali da rievocare, patrimonio da tramandare. Il Gallo è parte di quel film, incarna quei valori: sul campo lotta, si danna, sgobba per i compagni, torna ad aiutare e poi segna, quanto segna. Ventisei reti che fanno sognare nuovi orizzonti, alti e altri traguardi. Chissà con quale maglia, però. Difatti, l’estate strozza un po’ l’amore viscerale per l’attaccante che sembra un tutt’uno con la divisa granata. Alla fine, resta, al di là di una clausola da cento milioni che all’estero nessuno paga. Resta anche con quella fascia, e tornerà a Superga. Nel frattempo, la stagione è filata via diversa da quella precedente. Non ha promosso Belotti con l’Italia, anzi li ha cacciati all’inferno, lontani dall’elite mondiale. E non ha lanciato il Gallo nella zona europea con il Toro. Anzi, l’ha spedito dritto all’angolo della sofferenza, fisica e morale. Doppio infortunio, fatica a ritrovarsi e a ritrovare la sua dimensione, con la sua squadra. Rinchiuso in se stesso e nei dubbi, con il futuro sempre a margine. Parla poco, segna poco. Idolo sì, soprattutto dei più piccoli che hanno una voglia matta di esultare alla sua maniera. Ma il Gallo è sottotono, sempre capitano eppure discusso. Magari, lassù a Superga, qualcuno gli profonderà nuova fiducia, in se stesso e in chi gli sta attorno. «Il capitano, il nostro Capitano: Valentino Mazzola».
 

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