Coraggio e orgoglio: la storia del vero Rocky

In viaggio con Dario Ricci nei luoghi fisici e metaforici di Marciano: una narrazione appassionante e appassionata che ricostruisce la vita del pugile di origine italiana, l'unico che si ritirò imbattuto
Coraggio e orgoglio: la storia del vero Rocky

TORINO - E pensare che il giovane Rocky avrebbe tanto voluto diventare un giocatore di baseball, il national pastime - passatempo nazionale - degli Stati Uniti, dove i genitori Pierino (Quirino) Marchegiano, abruzzese di Ripa Teatina, e Pasqualina Picciuto, campana di San Bartolomeo in Galdo, erano emigrati in cerca di fortuna. Fece anche un camp con i Chicago Cubs. Senza fortuna, per fortuna. Perché fu nel momento di quel rifiuto che iniziò la leggenda di Rocky Marciano, campione del mondo dei pesi massimi dal 1952 al 1956, unico nella storia a ritirarsi imbattuto dopo quarantanove vittorie, quarantatré delle quali per ko. Tra meno di un mese, l’1 settembre, avrebbe compiuto cent’anni ed è il pretesto che ha portato al ridestarsi dell’interesse per questo fenomeno italiano con diversi libri a lui dedicati. Come “Rocky Marciano. Sulle tracce del mito 1923-2023” (DFG Lab, 176 pagine - compresa una interessante galleria fotografica -, 17,90 euro, prefazione di Valentina Clemente) con il quale Dario Ricci, giornalista di Radio 24-IlSole24Ore, ha raccontato il proprio viaggio nella leggenda e nei luoghi del pugile, ricavandone una narrazione appassionante e appassionata che si legge d’un fiato per l’intensità della vita del campione e la brillantezza della scrittura di Ricci.

Rocco Marchegiano divenne Rocky Marciano il 13 settembre del 1948, quando, prima del match contro Humphrey Jackson, il promoter Manny Almeida propose di chiamarlo Rocky March per evitare che gli annunciatori ne storpiassero il cognome. Lui acconsentì, ma a una condizione: Marciano e non March, perché doveva essere evidenziata l’origine italiana. Qualche mese prima, perse un incontro che gli impedì di partecipare all’Olimpiade di Londra (da dilettante non vinse sempre...), ma il rammarico finì presto in un angolino della memoria: l’esordio al Madison Square Garden, la vittoria su Joe Louis, campione del mondo dal 1937 al 1949 e colui che contribuì con Jack Dempsey a rendere il pugilato uno sport popolare, il titolo conquistato il 23 settembre 1952 a Filadelfia mandando al tappeto dopo tredici riprese Jersey Joe Walcott, sconfitto poi in una sola ripresa nella rivincita di Chicago otto mesi più tardi. Il 21 settembre 1955 Marciano salì per l’ultima volta sul ring, contro Archie Moore. Poche righe per riassumere eventi che Ricci racconta nei dettagli anche attraverso le parole di illustri interlocutori, il primo dei quali si chiama Dan Peterson: «Rocky è entrato nelle case degli americani prima di tutto attraverso la radio. Ricordo molto bene le sere in cui ci riunivamo in casa per ascoltare le radiocronache dei match di pugilato con la leggendaria voce di Don Dunphy, e ovvio Marciano ne diventava match dopo match, vittoria dopo vittoria, il protagonista principale. E negli anni Cinquanta, alla radio si è sostituita la televisione, che ha dato alla boxe una popolarità enorme, arricchendo con le immagini quello che già era divenuto un rito collettivo, prima nei bar e nei pub e subito dopo nelle case di tutte le famiglie americane».

Ricci ci accompagna anche alla scoperta del Super Fight, il combattimento immaginario tra Marciano e Muhammad Ali ideato nel 1970 dal produttore radiofonico Murry Woroner ben prima che sentissimo parlare di metaverso e perfino di videogiochi: si può trovare facilmente su YouTube, ma Ricci riesce a trasmetterci perfettamente il senso di quel match fino a quel momento impensabile e che mai si è potuto realizzare davvero. Marciano era morto da quattro mesi, vittima di un incidente aereo nello Iowa col suo Cessna privato il giorno prima di compiere quarantasei anni.

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