Pagina 2 | Ducati, amarsi e dirsi addio: Lorenzo vince e saluta

TORINO - Il Mugello torna ad essere Lorenzo’s Land, la terra di Lorenzo. Ma è la prima e l’ultima volta con una moto e una tuta rossa. Jorge, come fece nel 2013 Rossi dopo un biennio ancora più nero (tre podi, nessuna vittoria), tornerà alla Yamaha. Una conferma che gela il popolo rosso mentre gode per una doppietta Ducati che in Italia mancava da sessant’anni (1958 a Monza in 125, con la cinquina guidata da Spaggiari e Gandossi) e non riesce a rovinare la festa gialla, perché Valentino sale comunque sul podio. L’amore del secondo matrimonio del secolo celebrato a Borgo Panigale ma fallito sotto il peso della marea di soldi spesi (24 milioni d’ingaggio in due anni per averlo) e della siccità di risultati ottenuti (tre podi mentre Andrea Dovizioso, ieri battuto, si giocava il titolo mondiale) si consuma alla 24ª gara in rosso con una cavalcata “alla Lorenzo”, quello che prende e scappa, martellando giro su giro allo stesso ritmo per gli altri infernale e poi va a piantare la sua bandiera sotto la tribuna Ducati, togliendosi più di un sassolino dagli stivali.

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«La gente diceva che con questa moto non si poteva vincere nel mio stile, invece qui l’ho fatto» dice Jorge. Ma non c’è rabbia. Per una volta il maiorchino è finanche pacato nelle sue parole che però suonano dure. Specie quelle in risposta a chi gli chiede se questo risultato cambierà il futuro, riaprendo una trattativa con la Ducati. «Sfortunatamente è troppo tardi». Motivo del contendere alla fine è un serbatoio, un dettaglio apparentemente insignificante che ha cambiato l’ergonomia della Desmo, ma che rappresenta uno spartiacque nella mente e nel polso di Lorenzo. «Molti dicevano che il mio metodo non era quello giusto (un riferimento anche a Dovizioso?, ndr), ma io sapevo di cosa avevo bisogno. Il nuovo serbatoio mi ha dato più fiducia e permesso di sprecare meno energie. Erano mesi che lo chiedevo, è arrivato solo adesso…». Il vero punto della discordia, il fatto di non essere stato ascoltato, creduto. «Sapevo che servivano tempo ed alcune cose per esprimere il mio potenziale - continua il maiorchino - peccato che Ducati non me l’abbia date prima, perché sono sicuro che avrei raccolto tanti podi e che la prima vittoria sarebbe arrivata da tempo. Pensare al passato però non serve, come ora è facile parlare: bisognava credere in Jorge Lorenzo prima».

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Un’accusa che ricade direttamente su Gigi Dall’Igna, il direttore generale di Ducati Corse. «Ha creduto in me, ma non al 100%: se l’avesse fatto prima forse ora non direi che è troppo tardi per restare in Ducati». Ma che in realtà nel mirino c’è Claudio Domenicali, l’a.d. di Borgo Panigale che una settimana fa aveva di fatto messo la parola fine all’avventura di Lorenzo in rosso. «Gigi, come Tardozzi e Ciabatti, volevano che restassi in Ducati». Addio, dunque. La prossima settimana verrà annunciato il ritorno in Yamaha con un team suo. Un addio dolce, che non copre l’amaro di questi mesi e allo stesso tempo rilancia Lorenzo. «Ho sofferto molto perché i risultati non arrivavano - racconta -. Sembrava che la vittoria non sarebbe mai arrivata, ma io sono uno che non si arrende mai. Sono determinato e molto orgoglioso. Ci sono stati tanti momenti duri, ma ho sempre pensato di poter vincere con questa moto. Farlo al Mugello è un sogno, ma ancora di più lo è riuscirci dopo di più dopo un anno e mezzo d’astinenza (13 novembre 2016 a Valencia, l’ultima gara con la Yamaha, ndr), lavorando tanto ma prendendo tante critiche». Passione rossa, voglia blu

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«La gente diceva che con questa moto non si poteva vincere nel mio stile, invece qui l’ho fatto» dice Jorge. Ma non c’è rabbia. Per una volta il maiorchino è finanche pacato nelle sue parole che però suonano dure. Specie quelle in risposta a chi gli chiede se questo risultato cambierà il futuro, riaprendo una trattativa con la Ducati. «Sfortunatamente è troppo tardi». Motivo del contendere alla fine è un serbatoio, un dettaglio apparentemente insignificante che ha cambiato l’ergonomia della Desmo, ma che rappresenta uno spartiacque nella mente e nel polso di Lorenzo. «Molti dicevano che il mio metodo non era quello giusto (un riferimento anche a Dovizioso?, ndr), ma io sapevo di cosa avevo bisogno. Il nuovo serbatoio mi ha dato più fiducia e permesso di sprecare meno energie. Erano mesi che lo chiedevo, è arrivato solo adesso…». Il vero punto della discordia, il fatto di non essere stato ascoltato, creduto. «Sapevo che servivano tempo ed alcune cose per esprimere il mio potenziale - continua il maiorchino - peccato che Ducati non me l’abbia date prima, perché sono sicuro che avrei raccolto tanti podi e che la prima vittoria sarebbe arrivata da tempo. Pensare al passato però non serve, come ora è facile parlare: bisognava credere in Jorge Lorenzo prima».

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