Maserati Chubasco, storia di un capolavoro incompiuto

Presentata nel '90, la Chubasco concept ha "rischiato" di diventare una delle sportive più innovative di tutti i tempi. Ma purtroppo rimase solo un prototipo.
La storia dell'auto è ricca di progetti rimasti solo sulla carta o al massimo assurti alla dignità di prototipo. Alcuni brutti, altri belli, molti innovativi, spesso troppo avanti coi tempi. Ma se c'è un concept che avrebbe avuto tutto il diritto di entrare in produzione, magari scrivendo un nuovo capitolo nella bibliografia delle quattro ruote, quello è la Maserati Chubasco.

Alla fine degli anni '80 il geniale designer Marcello Gandini, già padre di capolavori come la Lamborghini Miura e Lancia Stratos, venne incaricato dall’ufficio design del Tridente di creare una super sportiva rivoluzionaria e dalle prestazioni elevatissime. Il 14 dicembre del 1990 Maserati svelò la Chubasco alla stampa durante l'annuale festa nella sede di Modena, dividendo il palcoscenico con la Shamal e la Racing, una coupé sportiva derivata dalla Biturbo. Il concept destò sensazione: realizzato per essere l’auto dei sogni di ogni appassionato era un mezzo che scaturiva dalla passione per i motori creato con le più raffinate tecnologie d’inizio anni novanta. Il ereditato da tempesta marina tipica dell’America centrale, indicava il carattere impetuoso e la volontà di Maserati di "sconquassare" il mondo delle sportive. 
 
Il corpo vettura di tipo monocoque era pensato come realtà a sé stante rispetto al telaio ed alla meccanica. Gli ingegneri pensarono infatti di creare separatamente il telaio e la carrozzeria, unendo poi la cellula superiore con la meccanica. Alcuni supporti oscillanti separavano la struttura inferiore dalla cellula superiore, isolando gli occupanti dalle vibrazioni della meccanica e dalle sconnessioni stradali, diminuendone anche i rumori. Portiere a cerniera singola permettevano un’apertura verso l’alto in avanti, con i finestrini creati per massimizzare la visibilità laterale, generalmente scarsa nelle vetture con motore posteriore centrale. 

L'aerodinamica era a dir poco rivoluzionaria: durante gli studi per il design il team dei tecnici sviluppò alcune prese d’aria innovative, pensate per migliorare i flussi aerodinamici della vettura e per raffreddare i componenti critici dell’auto, come l’impianto frenante e gli organi meccanici del propulsore, donandole anche una maggiore tenuta di strada. Il frontale presentava tre bocche principali: una centrale e due laterali, collegate con un convogliatore verso la fiancata. Proprio la fiancata della vettura svolgeva un compito fondamentale per l’aerodinamica, convogliando l’aria verso i radiatori posteriori ed il vano motore, con due sfoghi posteriori che permettevano all’aria calda di fuoriuscire aumentando al contempo il carico aerodinamico sull’asse posteriore. Il fondo piatto della vettura ed i particolari estrattori posteriori generavano un marcato effetto suolo, che enfatizzava ulteriormente le prestazioni dinamiche della Chubasco.

Il propulsore, altro elemento che avrebbe enfatizzato il carattere unico della vettura, avrebbe dovuto essere un potentissimo otto cilindri con V di 90 gradi da 3.217 centimetri cubi con distribuzione quadrialbero a 32 valvole. Ma per la prima volta nella storia del marchio, il Tridente presentò un mock up, ovvero una vettura non marciante, piuttosto che un prototipo effettivamente guidabile. Per costruire una variante stradale della Chubasco, che originariamente era prevista per il debutto nel 1992, Maserati avrebbe dovuto proporre un prezzo troppo elevato ai clienti, vista l’enorme quantità di innovazioni utilizzate all'epoca della sua costruzione. Quando si dice essere "troppo avanti".  

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