Dakar, storia del rally più bello del mondo

Il 4 gennaio parte da Buenos Aires l'edizione 2015 di quella che per decenni è stata la Parigi Dakar, o più semplicemente il rally più bello, duro e pericoloso del mondo. Ripercorriamo alcuni aneddoti della gara, tra auto rubate, dispersi, tempeste di sabbia ed epiche imprese.
Dakar, storia del rally più bello del mondo
ROMA - Tutto iniziò per caso nel 1977, quando il pilota francese Thierry Sabine si perse nel deserto libico in sella alla sua moto durante il rally Abidjain – Nizza. Sopravvissuto per miracolo alla sete e alle sabbie del Sahara tornò in Francia affascinato dagli incredibili paesaggi che aveva affrontato e decise di organizzare una gara che partendo dall’Europa attraversasse il deserto fino a Dakar, capitale del Senegal. La folle scommessa dello sfortunato Sabine (sarebbe tragicamente deceduto precipitando con un elicottero durante l’edizione ’86) prese vita il 26 dicembre 1978, quando 182 veicoli partirono da Place du Trocadero a Parigi per affrontare un infernale percorso di 10 mila chilometri attraverso l’Europa e l’Africa. Il primo vincitore fu Cyril Neveu che in sella alla sua Yamaha 500XT incise il suo nome nella leggenda del motorsport. 

AVVENTURIERI - La Parigi Dakar, come venne poi comunemente chiamata fino al “trasloco” in Sud America (e come tuttora qualcuno ancora la chiama), trovò immediatamente ampia eco nei media di tutto il mondo, soprattutto grazie alle imprese odissiache cui erano sottoposti i piloti. Nell’80, anno in cui inziarono a partecipare anche i camion, i vincitori furono ancora Neveu tra i motociclisti e gli svedesi Kottulinsky e Luffelamn al volante del fuoristrada Volkswagen Iltis. Nell’81, tra gli “avventurieri” inziarono a mescolarsi anche grandi nomi, come quello del belga Jacky Ickx, da poco ritiratosi dalla Formula 1 e poi vincitore nell’83. E proprio quell’edizione fu una delle più emozionanti e tragiche della storia del Rally, con 40 piloti dispersi a causa di una gigantesca tempesta di sabbia, mentre solo l’anno prima una costissima missione di recupero aveva tratto in salvo Mark Tatcher, figlio dell’allora Primo Ministro Britannico Margaret, perdutosi nel deserto al volante della sua Peugeot. 

GLORIA -  Storie di ordinaria follia, che contribuirono a fare della Dakar IL Rally per eccellenza. Nel 1988 furono addirittura 600 i veicoli alla partenza da Versailles: in quell’edizione Ari Vatanen, vincitore l’anno precedente su Peugeot 205 Turbo 16, stava lottando per la leadership quando gli venne rubata l’auto a Bamako, capitale del Mali. Il marchio del Leone trionfò ugualmente (e avrebbe dominato la scena fino al ’90), mentre tra i motociclisti emerse il grande Edi Orioli, friulano di Udine classe ’62 poi vincitore di quattro edizioni. L’anno successivo esordì un giovane francese di nome Stéphane Peterhansel, che più di ogni altro avrebbe legato il suo nome alla Dakar, conquistando la prima delle sue 11 vittorie. Un record tuttora imbattuto e che potrebbe essere incrementato nel 2015: a quasi cinquant’anni Stéphane è ben lungi dall’appendere il casco al chiodo e sarà alla guida di una delle potentissime Peugeot 2008 DKR (vedi gallery). 

PARIGI ADDIO - Troppi gli aneddoti, innumerevoli le gesta di una gara che non finisce mai di stupire. Nel ’92, il traguardo fu spostato addirittura in Sud Africa, a Città del Capo, con un percorso totale di 12,427 km, mentre nl ’95 la partenza fu spostata dalla Francia alla Spagna. Col nuovo millennio anche le donne fecero registrare il loro primo successo. Nel 2001 infatti la tedesca Jutta Kleinschmidt vinse, caso ancora unico alla Dakar, al volante della Mitsubishi Pajero Evolution, mentre l’italiano Fabrizio Meoni consegnava alla KTM la prima di ben 13 vittorie consecutive. La Casa austriaca ha infatti dominato tutte le edizioni della Dakar dal 2001 ad oggi. 

TRAGEDIE - Gloria e tragedia vanno spesso di pari passo. Fu proprio Meoni a apagare con la vita la sua passione, perdendo la vita in seguito a un grave incidente in Mauritania. Nella stessa edizione persero la vita anche l’australiano Andy Cadelcott e lo spagnolo Juan Manuel Perez, portando a ventitré il numero dei caduti in 28 edizioni, cifra che lo scorso anno sarebbe salita a settanta (comprensivi anche di giornalisti, spettatori etc) con il misterioso decesso del belga Eric Palante, trovato morto da un altro pilota nei pressi di Chilecito in Argentina. 

SUD AMERICA - Già, perché come accennato più su, dal 2009 la Dakar di africano ha mantenuto solo il nome. Dopo l’uccisione di quattro cittadini e tre soldati francesi in Mauritania nel 2008, l’organizzazione decise non solo di non disputare l’edizione di quell’anno ma di traslocare nel più ospitale ma altrettanto estremo Sud America, dove la gara mobilita ogni anno decine di migliaia di appassionati. Nuovi eroi sono entrati in scena, con Sainz, Roma, Despres e Coma a dividersi la gloria con l’inossidabile Peterhansel. Il 4 gennaio si ricomincia tra Argentina, Chile e Bolbia. Godspeed, come dicono gli inglesi. 

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