Dalle utilitarie con cilindrate inferiori al litro fino alle supercar più prestigiose, sono ben poche le auto che non utilizzano motori turbocompressi. Se poi parliamo di diesel, il turbo è d’obbligo. Eppure la sua storia è ben più lunga e travagliata di quanto lascerebbe supporre l’attuale successo di cui gode. Le origini risalgono al 1905 quanto Alfred Buechi, un ingegnere svizzero brevetta un motore sovralimentato da un compressore azionato da una turbina.
Nel corso degli anni questa tecnologia prende piede soprattutto in campo aeronautico e navale Nel mondo delle corse il primo motore turbo è del 1957, quando il regolamento della 24 Ore istituisce una categoria per i motori a turbina con un premio di 25 mila franchi per chi riesca a superare la distanza di 3.600 chilometri.
Nel 1963 si presenta al via una Rover BRM con motore a turbina e un serbatoio di kerosene da 220 litri. La macchina dà spettacolo con il suo rumore sibilante, guidata da Graham Hill e Richie Ginther. Non essendo però conforme ai regolamenti corre fuori classifica e nella storia resta un settimo posto assoluto non ufficiale. Per arrivare alla prima autentica affermazione di un motore turbo bisognerà ancora attendere oltre un decennio, fino al 1976. In questa edizione della 24 Ore la Porsche schiera a sorpresa la 936 Spyder, una barchetta con telaio derivato da quello della 908 e il gruppo sospensioni cambio aggiornato dal progetto 917.
Il problema del raffreddamento viene risolto con un airscope sopra la testa del pilota. La 936 è spinta da un 6 cilindri boxer di 2,1 litri con una potenza di 540 CV e un peso a vuoto di 740 kg. Vince al debutto guidata dall’equipaggio Jacky Ickx – Gijs van Lennep. La prima vittoria di un turbo in F1 arriverà solo tre anni dopo, nel GP di Digione del 1979 con Jean-Pierre Jabouille al volante della Renault.