TORINO - «Avevo dieci anni, papà aveva appena vinto la sua seconda Dakar consecutiva. Al ritorno mi disse: quando sarai maggiorenne la correremo insieme. Non abbiamo fatto in tempo, ma ora mantengo la sua promessa. Perché lui è con me». Domani saranno passati 19 anni dal tragico incidente dell’11 gennaio 2005 al km 184 dello sterrato tra Atar e Kiffa, in Mauritania, che s’è portato via per la frattura di due vertebre Fabrizio Meoni, una leggenda dei deserti. Due Dakar (quelle originali, con partenza da Parigi: 2001 e 2002), quattro Faraoni, quattro Tunisia. Sempre sulla Ktm arancione e argento con la tuta griuffata di blu.
L'altra tragedia
La stessa 450 e gli stessi colori (anche grazie agli storici sponsor del padre) che Gioele sta indossando da cinque giorni in Arabia Saudita con il numero 112. Un destino che doveva affrontare, come quello tragico della sua famiglia, che tre anni fa ha portato via anche la sorella Chiara per una lunga malattia. Con mamma Elena e la moglie Caterina, sposata nel giugno scorso con Cyril Despres testimone, in apprensione. Al punto da farsi promettere dal francese e dallo spagnolo Nani Roma (ora passato alle auto), gli amici di Fabrizio rimasti sempre vicino ai Meoni, di fargli da angeli custodi.