Alfa Romeo, la storia del Biscione, prima parte

Lo speciale dedicato ai 105 anni dell'Alfa: la prima parte della storia del marchio dalle origini al debutto della Giulietta.
Alfa Romeo, i 105 anni del Biscione: dal 1910 alla Gulietta

ROMA - Nel 1910 il Portello non faceva nemmeno parte di Milano e la prima sede dell’Alfa (Romeo arriverà dopo) fu, per i giorni odierni, un modesto opificio di campagna raggiungibile da una strada sterrata, che il Cavalier Ugo Stella aveva rilevato dalla Società Italiana Automobili Darraq, filiale italiana del marchio automobilistico francese. Uno dei tanti svanito tra le nebbie del tempo. L’Alfa, invece, nonostante le tante traversie e difficoltà che si possono incontrare in 105 anni di storia (tra cui due guerre mondiali) è più viva che mai: più fenice che biscione è pronta a tornare ai massimi livelli con la nuova Giulia. E a proposito di Biscione, fin da subito la connotazione meneghina dell’Alfa (non lettera greca, ma acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) viene sottolineata dall’araldica: il serpente visconteo e la croce del comune di Milano, arricchiti, come d'obbligo all'epoca, da due nodi sabaudi. Il primo parto è la 24 HP firmata da Giuseppe Merosi: una vettura sportiva, antesignana di tanti cavalli di razza del Portello, ben presto utilizzata per le allora pioneristiche competizioni. Il debutto alla Targa Florio 1911: grazie al motore da 45 cv Nino Franchini conduce la gara fino a quando è costretto al ritiro a causa di uno schizzo di fango sugli occhialoni che lo manda a sbattere negando all’Alfa la prima vittoria. Da lì in poi l’Alfa non ha più smesso di correre: negli anni successivi vengono prodotte la 15HP Corsa, la poderosa 40-60 HP 6 litri di cilindrata, la Grand Prix. Nel 1915, dopo l’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale, l’ALFA viene rilevata dall’industriale napoletano Nicola Romeo che modifica, non solo il nome della Casa ma anche la filosofia produttiva orientandola in senso bellico: addio, momentaneamente, alle corse e alle auto per produrre munizioni e motori per aeroplani. 

Le imprese di Nuvolari, Ascari e Varzi consegnano il giovane marchio all'immortalità

L'ETA' DELL'ORO - E con l’addio alle armi per l’Alfa inizia un periodo aureo: è negli anni tra le due guerre che il marchio costruisce la leggenda della sua invincibilità, affidando le sue auto a piloti come Campari, Ferrari (Enzo, ovviamente), Ascari, Masetti. L’artefice di tanti successi e Giuseppe Merosi, progettista piacentino cui si deve la spettacolare RL 6 cilindri (sia in versione stradale che da competizione). Nel ’25 un altro capolavoro, la P2 progettata da Jano, che con Varzi e Brilli Peri alla guida proietta l’Alfa Romeo nell’Olimpo dell’automobilismo mondiale. Poi la 6C e le vittorie alla Mille Miglia, le imprese indelebili di Nuvolari… Ma questa è un’altra, lunga e bellissima storia. Nel ’33, siamo in pieno regime fascista, l’azienda entra a far parte dell’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale). L’ing. Gobbato, che assume il ruolo di Amministratore Delegato, attua una razionalizzazione e un ammodernamento della Società, decidendo il ritiro ufficiale della Casa dalle competizioni e affidando questo compito interamente alla Scuderia Ferrari.


DOPO LA GUERRA - Prima della Seconda Guerra Mondiale, il marchio si afferma come produttore di sportive di lusso e uno dei modelli che meglio rappresentano la filosofia Alfa è la 6C 2500, estrema evoluzione della fortunata serie 6 cilindri, costruita sulla base della 2300 ma equipaggiata con un motore più potente, una maggiore cilindrata e una migliorata alimentazione. Nel 1947 esce un’originale versione sportiva detta Freccia d’Oro, con coda tronca e arrotondata. La guerra è un periodo buio per tutti: bombardamenti, requisizioni, fino alla lenta ripresa: nell’immediato dopoguerra al Portello si costruiscono anche cucine elettriche. L'Italia torna lentamente alla normalità e Alfa torna in vetta sia nelle competizioni sia sul mercato: sono gli anni della 6C 3000 6 cilindri, prototipo da 168 cv in grado di toccare i 225 orari, e della 158 con cui Giuseppe Nino Farina consegna il marchio all’immortalità conquistando il primo titolo nella storia della Formula 1.

Nel '51 il fuoristrada, poi la Giulietta e scoppia l'Alfamania


FIDANZATA D'ITALIA - Nel ’51 il primo e al momento unico fuoristrada Alfa Romeo. L’A.R. 51 “Matta”, una quattro ruote motrici progettata per le forze armate e costruita in 2 mila esemplari. La svolta, epocale, nel ’55, quando viene messa in commercio la “fidanzata d’Italia”, la Giulietta. Addio sigle, arriva un nome proprio, di donna e per giunta shakespeariano, col vezzeggiativo a rallegrare la “tragedia” onomastica. Disegnata da Bertone, è una vettura, pratica e agile e dalle prestazioni elevate, disponibile sia in versione berlina che spider è un successo immediato. Scoppia l’Alfamania: Gina Lollobrigida sceglie una 1900 TI nel rally automobilistico del cinema, mentre la 1900 è utilizzata anche per le Miss ai concorsi di bellezza, Tyrone Power collauda una Disco Volante, Rita Hayworth sceglie una 2500 mentre il presidente argentino Peron acquista una 3500. Quarantacinque anni di storia, due Guerre Mondiali, grandi campioni e successi sportivi. E non è che l’inizio.  

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