Rio: le 35 medaglie della vergogna. Fuori dallo sport chi si è dopato

Il fenomeno di atleti ex dopati che sono saliti sul podio è il segno di una profonda crisi dello sport mondiale
Rio: le 35 medaglie della vergogna. Fuori dallo sport chi si è dopato© EPA

Non l’avremmo celebrata, quella medaglia, se fosse arrivata. Ne avremmo preso atto e l’avremmo raccontata, noi di Tuttosport, ma celebrata no. La medaglia conquistata da chi ha fatto uso di doping e dunque ha deliberatamente scelto di alterare la propria prestazione, non sarebbe stata una come le altre e dunque degna di festeggiamenti. Anche se vinta da un atleta azzurro. Quella medaglia avrebbe portato su di sè i segni di una ossidazione profonda, anche qualora le leggi della chimica lo reputino impossibile. E il fenomeno (anche se sarebbe meglio definirlo scandalo) di atleti ex dopati che a Rio sono saliti sul podio è il segno di una profonda crisi dello sport mondiale. Una crisi che va risolta e superata, e pure in fretta, se si desidera che lo sport abbia un futuro gioioso e credibile. A Rio 35 medaglie sono state conquistate da atleti che in passato hanno avuto vicende di doping. E non è esagerato ritenere che se ai Giochi fossero stati ammessi anche i rappresentati dell’atletica russa tale numero sarebbe stato ancora più elevato. Questa situazione non è più tollerabile per un motivo molto semplice: non viviamo un periodo storico come un altro. Quando gli atleti della Ddr sbancavano il medagliere i sospetti erano innumerevoli, le prove (allora) assenti: in molti hanno fatto finta di aver scoperto che qualcosa non andava quando la lanciatrice del peso Heidi Krieger rivelò di essere diventata Andreas Krieger. Oggi sappiamo che il fenomeno doping è fenomeno nemmeno più di Stato ma tendenzialmente di sistema. O lo è stato fino all’altro ieri. E dunque, chi si dopa, è perfettamente conscio del danno che provoca allo sport mondiale, ai ragazzi che sognano un giorno di diventare campioni, ai nostri entusiasmi, alla credibilità di una delle espressioni più belle e nobili della creatività umana. Dunque chi si dopa non deve avere una seconda possibilità di gareggiare e di vincere medaglie. Vogliamo che quelle 35 medaglie e quell’uno per cento di atleti con un pregresso dopato spariscano per sempre non per un afflato giustizialista degno di miglior causa: ma per difendere le speranze e le fatiche del restante 99% di atleti puliti. E di coloro i quali hanno supportato il loro lavoro.

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