Mi piace, quasi sempre. Ma qualche volta meno. E sto cercando di capire il perché. È un fatto, Stefanos Tsitsipas mi piaceva di più nei primi anni della sua ancor giovane carriera, quando affrontava il tennis assaltandolo. Ha appena 24 anni, dunque tutto ciò che potrei dire oggi su di lui, rischia di essere cancellato dal fluire dei prossimi risultati, a cominciare proprio da queste Finals. Che l’hanno visto, nei primi match, in due differenti versioni tennistiche. La prima non così aggressiva come avrebbe dovuto e potuto, contro un Djokovic cui basta un’occhiata per capire in che giornata sia chi ha di fronte, e che cosa fare per disporlo nelle condizioni peggiori per evitare che si scuota, e si riprenda. Un match che a metà del primo set, quando Nole ha dato la prima spallata all’avversario, scattando in testa, si è capito la piega che avrebbe preso. La seconda invece zeppa di momenti da autentico trascinatore, proprio quelli che me lo avevano fatto apprezzare quando lo vidi irrompere nel circuito. Un primo set nel quale Medvedev non ha potuto altro che subire, poi altri due combattuti spalla a spalla, ma senza mai tirarsi indietro. Fino alla vittoria al tie break del terzo set. Mi chiedo perché Stefanos, che ha così tante qualità tennistiche, non abbia ancora trovato il suo modo di affrontare avversari e partite difficili.
Sembra quasi chiedere l’approvazione, per sentirsi sicuro di ciò che sta facendo. A chi poi, al padre? A mamma Julia? Sono sensazioni, niente di più, ma rafforzate da una stagione in cui ha giocato moltissimo (siamo a 84 match, 61 vinti, 23 perduti) ma non ha vinto quanto avrebbe potuto. Devastante a Montecarlo, poi appena un torneo sull’erba, a Mallorca, in preparazione a Wimbledon. Battuto invece nelle finali di Rotterdam da Auger-Aliassime, di Roma da Djokovic (con un sei-zero nel primo set che davvero non gli fa onore), di Cincinnati da Coric, di Astana ancora da Djokovic, e di Stoccolma da Rune. Mentre negli Slam è scivolato dalla semifinale in Australia, agli ottavi di Parigi, al terzo turno di Wimbledon, e infine al primo degli US Open, superato da Galan. Un quadro che, date le sue qualità, spinge dritto a una frase che non avrei mai pensato di scrivere per un tennista così… Che spreco! Ma che può ancora essere ribaltata, se Tsitsipas troverà oggi la strada per la semifinale di queste Finals. Ha di fronte Rublev, che in dieci match ha battuto sei volte. Il problema è come intende affrontarlo. Se lo lascia fare, il russo diventa una macchina. Se lo obbliga a rincorrere il proprio gioco, è probabile che a perdere la bussola, per primo, sarà proprio Rublev. Una qualificazione da ottenere con personalità. A Tsitsipas dimostrare di averla.