La passione ha anche una memoria, una storia. Lo ha ricordato Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica che ama il tennis. Altrimenti non ricorderebbe sfide di Coppa Davis del 1960 («quando Pietrangeli e Sirola vinsero la semifinale con gli Usa in rimonta») e non citerebbe il risultato della finale di doppio a Melbourne, né racconterebbe il cammino dell’Italia nella Coppa portata a casa dalla Spagna dopo 47 lunghi anni. E forse è questo l’ultimo frammento che Jannik ha mandato a memoria, ha imparato, dice lui. La tre giorni di festa è finita in gloria, sorrisi divertiti e felici di ritrovarsi, speranze che sono impegni
Il monumento Sinner
Jannik Sinner, il nuovo monumento italiano, l’eroe suo malgrado ancora una volta protagonista. Ancora una volta capace di dire: «È un grande onore, per tutti noi. E con me ha usato parole molto belle ma anche semplici . Ed è questo che mi è piaciuto. Il Presidente conosce la storia del tennis, la sa meglio di me. E’ stato un onore, ho imparato tanto da lui. Posso dire che il Presidente è una persona semplice e umile». Jannik Sinner capoclasse suo malgrado, ma felice di essere portavoce e parte della squadra. Così, dopo un sorriso divertito e forse spinto anche dalla timidezza, si è lanciato in un discorso a braccio, senza foglietti, guardando il pubblico selezionato nella sala del Quirinale, in cui ricorrono le magiche parole della sua convinzione: sacrificio, lavoro, voglia di sorridere, per un futuro che non si può conoscere, ma si deve dare tutto per provare a renderlo migliore (nel tennis vincente). Un Sinner caricato da una cena con 4 primi alla Taverna Trilussa che era il rifugio di Federer a Roma: «Per noi è un onore essere qui, parlo non solo per me ma per tutta la squadra. Portare qui un successo dopo 47 anni rappresenta una squadra con tanto sacrificio, ma soprattutto la voglia di vincere: siamo tutti ragazzi normali, ognuno di noi ha le sue caratteristiche e grazie anche al capitano siamo riusciti a fare una cosa molto bella e anche molto importante per questa Nazione.
Da Bologna, dove abbiamo sofferto tanto - io purtroppo non c’ero, ma c’è da dare tanto credito a Matteo che ha sostenuto la squadra - siamo riusciti a tirarci fuori da una situazione molto difficile, poi dopo ho provato a dare il mio contributo e a Malaga abbiamo giocato un ottimo tennis. Ma la cosa più importante non è solo vincere ma capirci, risentirci liberi nel campo e soprattutto essere felici e ridere anche quando le cose non vanno benissimo. Alla fine portare questa coppa qua ci ha dato tantissime emozioni e credo che ognuno di noi deve ringraziare non solo tutta la gente che c’è qua ma tutta quella che sta guardando da casa».