Sinner-Sonego, il derby dell’amicizia: l’abbraccio finale il dato più rilevante

L’incontro si è concluso con gesto spontaneo che indica quanto i due ritengano importante il rapporto personale, non rispecchiato dal punteggio finale
Sinner-Sonego, il derby dell’amicizia: l’abbraccio finale il dato più rilevante© Getty Images

Ho messo da parte l’amicizia, commenta Sinner quasi dispiaciuto, al termine di un derby che di amichevole e purificatorio ha avuto, alla fine, il bel sorriso di Sonego nell’abbraccio conclusivo. Un gesto spontaneo come può esserlo solo l’amicizia tra due tennisti, fortificatasi in un ambiente che non dà peso a certi legami, considerandoli poco più che un orpello, un’apparenza, un fronzolo pressoché inutile e invece si mostra sempre più vitale per chi fa sport di professione, quasi fosse una scelta di campo. Duellanti a brutto muso nel match, ma amici sempre, come e più di prima. Ne va della loro stessa sopravvivenza, credo, se è vero che l’amicizia resta la cosa più concreta di una gioventù così lontana da tutto ciò che solitamente fanno i ragazzi della loro età.

È un bell’argomento, in fondo, tanto più quando il punteggio non mostra alcun segno di amicizia. Sette a zero per Sinner, prima che Sonego riesca a confezionare il primo game, giunto tra molti e affannati sospiri, e non senza aver sfiorato l’ottavo punto a favore di Jannik che sarebbe valso la resa immediata e incondizionata del povero Sonny. Inutile tornare sul valore di un derby in uno sport come il tennis, troppo internazionale per attribuire chissà quale importanza a un duello tra compagni di cordata. Tanto, poi, li vince tutti Sinner, giunto al tredicesimo derby vinto sui tredici giocati nel Tour. Il quinto contro Sonego, nell’ultimo anno e mezzo, certo il più severo per il risultato che ne è scaturito.

La storia di Colombo e Sabbadini

Piuttosto, tornano alla mente letture lontane, di quando il tennis non era professionale e l’attività stagionale raramente poneva i nostri in opposizione agli stranieri. Proprio la mancanza di professionalità tra atleti che facevano sport per diletto fu al centro di spietati voltafaccia, in barba a qualsiasi amicizia. Nel 1923, a Milano, incrociarono le racchette per la finale degli assoluti il gentiluomo spezzino Cesare Colombo, trentenne, e il romano - gentiluomo anch’esso, ma romano… - Riccardo Sabbadini, ben più avanti con l’età. Non ci fu partita, Colombo dilagò, troppo più atletico, mentre il romano dopo il primo set già trascinava le gambe quasi avesse intenzione di fare scarpetta con la terra del Centrale. Punteggio scioccante: 6-0, 6-0, 5-0 a favore di Colombo. La recita di Sabbadini cominciò sul 3-0 del terzo set. Rientrava al cambio di campo inciampando sui suoi stessi piedi, le ginocchia tremule. Quando Colombo gli passava vicino gli chiedeva espressamente di fargli vincere almeno un game. «Non mi far tornare a Roma con un punteggio così, verrei preso in giro da tutti». Colombo non rispondeva, ma in cuor suo vacillava. Non erano amici veri, ma buoni conoscenti, e giocavano gli stessi tornei. Via, deciso, sul 5-0 Colombo si finse un po’ frettoloso, sprecò qualche occasione e regalò a Sabbadini il fatidico game. Ebbe solo un dubbio, quando vide il romano esultare con gli stessi salti che, più di ottanta anni dopo avrebbero reso famoso Rafa Nadal. Ma non era in punto di morte? No, non lo era. Vinto quel game, Sabbadini ripartì raddoppiando i giri del motore. Finalmente lucido. Improvvisamente famelico. Un game alla volta, il romano rimontò il terzo set, si impose nel quarto e finì per dominare anche il quinto, di fronte a un Colombo confuso dalla rabbia e incapace di ritrovare un assetto di gioco.Meglio oggi. Amicizia a parte, Jannik e Lorenzo non si presterebbero mai a simili furbate. Il match è andato come doveva andare.

Troppo svagato all’inizio Sonego. Solido e ben centrato sui colpi invece Sinner. Sul 2-1 del secondo set, un altro break ha preparato l’ultimo scatto, portando Sinner sul 3-1, poi sul 4-1. Dodici a tre, alla fine. Devastante…
«Ho avuto troppa fretta», commenta Sonego, «ma Jannik non ti dà scampo, tira forte e non commette errori. Peccato, mi sarebbe piaciuto giocarlo diversamente questo derby». «Forse ho saputo mettere da parte l’amicizia meglio di quanto non abbia fatto lui», la replica di Sinner, «ma è sempre strano giocare contro chi si conosce così bene. Ho cercato solidità nei colpi, la chiusura del tetto ha reso meno scivolosa la superficie, mi sono trovato meglio. Il programma è il solito, migliorare giorno per giorno. Ho curato molto la parte atletica, serve fare il pieno di benzina in vista di Parigi e Wimbledon». Prossimo turno contro Pavel Kotov, venticinquenne di Mosca, che ha superato Thompson al terzo set dopo un lungo inseguimento. Segni particolari… Numero 61 nel best ranking, finalista l’anno scorso a Stoccolma. È allenato da una donna, la signora Liliya Kotova.

Arnaldi, addio Madrid

Altre problematiche ha affrontato Matteo Arnaldi. Una su tutte, la forza di Medvedev, non proprio a suo agio sulla terra rossa, ma quasi. Cosa che a un passo dagli Internazionali, nei quali dovrà difendere la vittoria dell’anno scorso, ha la sua importanza. Speranze italiane accresciute da un primo set di lotta e di governo da parte di Arnaldi, lucido e assennato in tutti i frangenti, cui faceva riscontro un Medvedev litigioso (con l’arbitro) e nervoso, che certo si aspettava battaglia, meno magari che fosse l’italiano a dettare i tempi del match. L’occasione di prendere il largo Arnaldi l’ha avuta su una palla break a inizio secondo set, sull’1-1. Su quella Medvedev si è riscattato e ha cambiato passo, salendo in cattedra. Il break per il russo è arrivato al quinto game, ma già da un po’ si avvertiva il calo fisico di Matteo. Il terzo set viene deciso subito da un break che giunge dopo un doppio fallo dell’italiano. Medvedev ormai appare tranquillo, Arnaldi per di più si fa male alla caviglia destra. Matteo annulla il primo match point sul 5-3 per il russo. Ma sul servizio successivo si chiude la partita. L’orso russo avrà Korda negli ottavi.

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