Medvedev-Zverev: Nitto ATP Finals, si gioca il derby delle divinità minori

Daniil sembra quasi essere stato punito per aver negato il Grande Slam a Djokovic nel 2021, Sascha è tornato dopo cinque mesi complicati
Medvedev-Zverev: Nitto ATP Finals, si gioca il derby delle divinità minori© EPA

Alla fine, l’Orso Medvedev c’è andato vicino. E ne ha ricavato, per ora, una veste da divinità minore, forse non quella che riteneva gli spettasse, tale però da garantirgli nuove speranze. E come diceva Georges Bernanos, autore del “Diario di un curato di campagna”, «la speranza è un rischio da correre». Il problema è quello di sempre, quando ti avvicini troppo, gli dei ti puniscono. Lui, l’Orso, ci ha provato con Djokovic, gli ha sbriciolato il sogno del Grande Slam, e ha pensato di aver guadagnato una promozione definitiva. Da quel giorno, era il 12 settembre del 2021 e gli US Open il torneo, Daniil non ha vinto più uno Slam. E se ha voglia di chiedersi il perché è bene legga Erodoto, quel passaggio relativo all’invidia degli dei e alla loro artistica concezione delle punizioni esemplari. Cambiano il colore delle vele alle navi di ritorno a Capo Souniou (causando il suicidio di Egeo, re di Atene) ti inondano il paese di cavallette, ti soffiano nelle orecchie strani pensieri su che cosa combini tua moglie quando sei via, nei panni di un’etera alquanto spensierata.

La sfortuna di Medvedev

Niente di tutto questo ha dovuto subire Medvedev, ma un bel po’ di sconfitte brucianti era il minimo. È stato finalista a Melbourne nel 2022, ciancicato da Nadal al quinto dopo aver comodamente condotto due set a zero, e agli US Open di quest’anno, passato a ferro e fuoco dalla vendetta del Djoker. Non ha più vinto nemmeno le Finals, che aveva conquistato nel 2020, annunciando al mondo che l’anno a seguire sarebbe stato il suo. Giunse al numero uno, infatti. Sedici settimane nel corso del 2022. Rilevato da Alcaraz. Poi da Djokovic. Che è tornato a dominare e presto festeggerà le 400 settimane lassù, sulla vetta.

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Il talento di Medvedev

Geppetto Cervara, l’amico coach, sostiene che di realmente divino il suo russo plantigrado (l’ho scritto e lo ripeto, Medved significa orso) abbia risorse infinite nel campo dell’inventiva. «Può cambiare spartito dieci volte in un match, e farlo con la naturalezza che lo mette al riparo da ogni eccessivo sforzo mentale. Più incasina gli altri e più è lui». Variazioni diverse da quelle ultra tecniche che sapeva allestire Roger Federer, capace di sommare strategie dissimili nel corso dello stesso scambio. Medvedev è più un architetto della variazione, le organizza a pacchetti e le introduce nel match. Se funzionano prosegue, altrimenti ne apparecchia di nuove. Ma a dargli tempo c’è il rischio di autocondannarsi a non comprendere più a che gioco si stia giocando.

Sinner in semifinale se....

Zverev è tornato grande

Il match con Sascha Zverev, al centro della serata, è tra i più antichi che si possano rintracciare tra i protagonisti in parte rinnovati dell’attuale vertice tennistico, e avrà il compito di fornirci il nome del primo semifinalista del Red Group. Medvedev e Zverev hanno una vittoria a testa in queste Finals (su Rublev e Alcaraz rispettivamente) e s’incontrano per la diciottesima volta dal 2016. Più giovane di un anno, è stato Sascha, tra i due, il primo a diventare forte. Gli inizi della disfida infatti portano il suo nome, e dal 2016 al 2019 il tedesco dominò con cinque successi a fronte di una sola sconfitta. Ma il biennio 2020-2021 ristabilì la parità con un 5-1 stavolta a favore del russo, per un bilancio sul sei pari. Quest’anno i due si incontrano per la sesta volta. Era una stagione difficile per Zverev, e sono stati non meno di cinque i mesi occorsi per restituirgli scatto e forma fisica, allontanando l’incubo del brutto infortunio subito nella semifinale del Roland Garros 2022. Medvedev ha avuto campo libero, e ha vinto quattro prove (10-7, al momento nel totale), ma è stata altrettanto importante la vittoria, l’unica, di Zverev a Cincinnati. «È il match che mi ha dato la certezza di poter nuovamente competere con i più forti. È servito a sbloccarmi, a tacitare in via definitiva le paure che mi portavo dietro dopo l’infortunio». Oggi Zverev si sente pronto, di nuovo, da capo. È la vera grande novità è proprio questa.

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Alla fine, l’Orso Medvedev c’è andato vicino. E ne ha ricavato, per ora, una veste da divinità minore, forse non quella che riteneva gli spettasse, tale però da garantirgli nuove speranze. E come diceva Georges Bernanos, autore del “Diario di un curato di campagna”, «la speranza è un rischio da correre». Il problema è quello di sempre, quando ti avvicini troppo, gli dei ti puniscono. Lui, l’Orso, ci ha provato con Djokovic, gli ha sbriciolato il sogno del Grande Slam, e ha pensato di aver guadagnato una promozione definitiva. Da quel giorno, era il 12 settembre del 2021 e gli US Open il torneo, Daniil non ha vinto più uno Slam. E se ha voglia di chiedersi il perché è bene legga Erodoto, quel passaggio relativo all’invidia degli dei e alla loro artistica concezione delle punizioni esemplari. Cambiano il colore delle vele alle navi di ritorno a Capo Souniou (causando il suicidio di Egeo, re di Atene) ti inondano il paese di cavallette, ti soffiano nelle orecchie strani pensieri su che cosa combini tua moglie quando sei via, nei panni di un’etera alquanto spensierata.

La sfortuna di Medvedev

Niente di tutto questo ha dovuto subire Medvedev, ma un bel po’ di sconfitte brucianti era il minimo. È stato finalista a Melbourne nel 2022, ciancicato da Nadal al quinto dopo aver comodamente condotto due set a zero, e agli US Open di quest’anno, passato a ferro e fuoco dalla vendetta del Djoker. Non ha più vinto nemmeno le Finals, che aveva conquistato nel 2020, annunciando al mondo che l’anno a seguire sarebbe stato il suo. Giunse al numero uno, infatti. Sedici settimane nel corso del 2022. Rilevato da Alcaraz. Poi da Djokovic. Che è tornato a dominare e presto festeggerà le 400 settimane lassù, sulla vetta.

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