Mario Alberto Battaglia: «Uniti possiamo vincere»

Ieri a Roma si è tenuto il Barometro 2018 della SM durante la quale il presidente FISM ha fatto il punto sulla sclerosi multipla
Mario Alberto Battaglia: «Uniti possiamo vincere»

Si è tenuta ieri mattina nella Sala Rossini dell’Hotel Quirinale di Roma la terza edizione del Barometro della malattia, l’appuntamento che fornisce una perfetta istantanea della realtà della malattia. Diventato oggi documento di riferimento per le Istituzioni. Una realtà che coinvolge direttamente circa 118mila persone, con 3400 nuovi casi ogni anno. A raccontare tutto questo è stato Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione Sclerosi Multipla Italiana (FISM) che prosegue: «La malattia colpisce prevalentemente le donne - il rapporto è due a uno – e i giovani: inizia tra i 20 e i 40 anni e ci si convive tutta la vita e ha grande impatto sul lavoro e sul sociale». Giornate come quella di ieri servono a mettere in evidenza quanto ancora la sclerosi multipla rappresenti una forte emergenza.

«Un italiano su due – prosegue il professore – conosce direttamente una persona con SM a e questo è tra i motivi per cui esiste un movimento come AISM, perché è insieme che si risolve il problema». Un problema affrontato giorno dopo giorno grazie alla ricerca scientifica che come afferma Battaglia è a buon punto. «Oggi ne sappiamo molto di più anche se le sfide non finiscono mai come trovare una soluzione per la forma progressiva a oggi orfana di terapie. I progressi sono stati notevoli soprattutto per quanto riguarda la diagnosi. 50 anni fa ci volevano 10/15 anni per diagnosticare la SM, invece oggi la malattia viene diagnosticata entro due mesi, anzi in alcuni casi bastano una o due settimane. Una diagnosi precoce permette una terapia precoce per rallentare la progressione». Per finire il presidente ha voluto sottolineare l’importanza dello sport. «L’attività fisica fa bene a tutti e quindi, come dimostrato scientificamente anche alle persone con SM. Lo sport peraltro è uno degli elementi, insieme al lavoro, che favoriscono l’inclusione sociale e per una persona con disabilità cronica è un modo per dire agli altri che la vita vale la pena di essere vissuta fino in fondo».

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