Sara Morganti: «Spero che la mia storia possa essere d'aiuto»

L'amazzone azzurra racconta i suoi traguardi: la partecipazione alle Paralimpiadi di Londra 2012, la conquista dell'oro al Mondiale 2014, ma anche la laurea e il matrimonio
Sara Morganti: «Spero che la mia storia possa essere d'aiuto»

Una carriera fatta di tanti successi e che non sembra volersi fermare. Sara Morganti è stata infatti appena eletta Presidente della Commissione Nazionale Atleti Paralimpici del CIP, il Comitato Italiano Paralimpico. Un vanto e allo stesso tempo una grande responsabilità: l'incontro con AISM ha dato risonanza alla sua storia facendola diventare un simbolo, non solo dal punto di vista sportivo. La forza e la positività di Sara devono essere un monito per spronare tutti coloro che convivono con la SM ad andare avanti e realizzare i propri sogni.

A Londra nel 2012 si è realizzato un sogno. Ci racconta le emozioni di quei giorni?

«Il sogno di ogni sportivo è quello di partecipare ai Giochi Olimpici e nel mio caso alle Paralimpiadi. Da piccola ricordo che avevo già questi sogni e tanti mi vedevano come una che fantasticava troppo. Poi quando mi sono ammalata, devo dire la verità, pensavo che la mia attività agonistica fosse finita. Invece sono arrivate le Paralimpiadi. Entrare nello stadio e nel campo di gara: in un attimo mi sono resa conto che il mio sogno stava diventando realtà. Poi sono arrivata anche a giocarmi il titolo (è arrivata quarta, ndi). Vi assicuro che è un’emozione veramente difficile da descrivere. Tra le altre cose ci sono arrivata anche con la cavalla più giovane di quelle Paralimpiadi, Royal Delight. Poi sempre con lei, nel 2014, ho vinto i Mondiali». 

Come si preparano gare così importanti?

«Ovviamente quando si preparano appuntamenti come questi c’è grande pressione, grande fatica, impegno e lavoro. Condurre la vita lavorativa e la preparazione agonistica insieme è molto duro e quel quarto posto è stato di grande motivazione per continuare. Sapevo che la cavalla era giovane e forte e doveva fare ancora tantissima strada. E così è stato. Con il lavoro e con gli anni abbiamo raggiunto dei risultati importanti».

Il momento della diagnosi è sicuramente tra i più complicati. 

«Appena ho ricevuto la diagnosi i sintomi non erano così evidenti e ho vissuto una fase di completa negazione. Dopo un anno e mezzo la SM ha iniziato a progredire e purtroppo sono cominciati anche i problemi agli arti. Il momento dopo la negazione è quello in cui ti rendi conto che non puoi più tenere tutto dentro un cassetto e devi trovare il modo, per lo meno, di conviverci. Ho dovuto cambiare il mio modo di vivere lo sport. Mi sono allontanata dal punto di vista agonistico e ho scoperto solo 10 anni dopo che esisteva la disciplina dell’equitazione paralimpica e quindi l’idea non solo di montare, ma addirittura di tornare a vivere il brivido e l’emozione di una gara è stato incredibile. Vivo le gare come una sfida contro me stessa, cerco sempre di alzare l’asticella, di ottenere qualcosa di più rispetto all’ultima volta. E da quel momento è partita l’escalation. Tutto è cominciato con un piccolo concorso sociale di equitazione paralimpica e poi, passo dopo passo, sempre con grande impegno, fatica e forza di volontà, sono riuscita a scoprire un mondo incredibile che mi ha regalato tantissime emozioni e soddisfazioni».

Quali sono i prossimi obiettivi di Sara?

«Sicuramente i Mondiali di settembre. Mi sto preparando con tre cavalli, sono tutti e tre qualificati poi sceglierò il migliore con il quale partecipare. Due sono miei e uno è della Onlus World Soul, che me lo ha dato in affidamento. Stiamo lavorando veramente tanto per cercare di fare il meglio. Sono la campionessa in carica e lotterò con le unghie e con i denti, anche se sarà difficilissimo perché gli standard sono veramente molto elevati. Gli avversari sono forti e hanno dei bellissimi cavalli. Ce la metterò tutta e vediamo cosa ne verrà fuori».

Veniamo all’incontro con AISM. Si ricorda il momento in cui l’hai conosciuta?

«Mi hanno contattata dopo Londra perché volevano conoscermi e conoscere la mia storia. Mi fa piacere che il mio percorso possa essere d’aiuto per qualcuno, soprattutto nel momento iniziale della diagnosi, quando si ha paura e non si vuole accettare la malattia. Il fatto di conoscere la storia di una persona come tutte le altre, che è riuscita a realizzare praticamente tutti i suoi sogni – mi sono sposata, mi sono laureata, sono andata alle Paralimpiadi, ho vinto un Mondiale – può essere d’aiuto. È importante che l’AISM, oltre a tutto il supporto che dà e al grande lavoro nella ricerca scientifica e nell’informazione, riesca a far passare, anche attraverso la mia storia, il messaggio che si può fare sport, ovviamente con i nostri tempi e secondo le nostre disabilità».

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