Jake, malato di cancro, agli amici: «Vivete con passione»

I compagni di classe hanno salutato il suo discorso alla cerimonia dei diplomi con una haka personalizzata, proprio come quella della sua squadra del cuore, gli All Blacks

NUOVA ZELANDA - Aveva una vita felice Jake Bailey. Il diciottenne neozelandese era il caposcuola del suo istituto, il Christchurch Boys’ High School. Era un ragazzo normalissimo finché non ha iniziato ad accusare malori, e tramite accertamenti medici ha scoperto di avere una forma di cancro molto difficile da curare: il linfoma di Burkitts. Ricoverato in ospedale e sottoposto a pesanti cure, i medici gli hanno consigliato di non partecipare alla cerimonia di consegna dei diplomi. Ma Jake ha preparato ugualmente un discorso, ha ottenuto un permesso speciale ed è riuscito ad essere presente a scuola per la cerimonia tanto attesa. Le sue parole ai compagni sono diventate subito virali, una sorta di "Inno alla vita" più che un discorso di fine anno. Jake ama la vita più di prima e invita tutti a vivere con passione ogni giorno. Al termine della lettera una standing ovation della platea e una haka personalizzata dai compagni di classe. Il ragazzo infatti è un grande tifoso degli All Blacks, la nazionale neozelandese di rugby, campione del mondo 2015, che prima di ogni match ama caricarsi proprio con la tipica danza maori.

Ecco tutto il discorso di Jake Bailey:

«Ho scritto un discorso e poi la settimana precedente la sera in cui avrei dovuto leggerlo, mi hanno detto: «Hai il cancro». Mi hanno detto: «Se non ti sottoponi a terapie entro tre settimane, morirai». E mi hanno detto che non sarei stato qui, questa sera, per leggere questo discorso. Ma fortunatamente il discorso non riguarda quello che accadrà. Parla di quanto quest’anno sia stato meraviglioso. […] Cominciava così: se possiamo vedere più lontano è perché ci troviamo sulle spalle di giganti. Bernardo di Chartres ci ha paragonati a dei nani che si sporgono oltre le spalle di giganti. Ha sottolineato il fatto che vediamo di più e più lontano dei nostri predecessori, non perché abbiamo cannocchiali o cuori più grandi, ma perché siamo stati sollevati e siamo nati sopra la statura e la conoscenza di giganti. Grazie, Christchurch Boy’s High School, per la vista che ci hai offerto.

Buona sera a tutti, il mio nome è Jake Bailey e sono il Senior Monitor [rappresentante degli studenti, ndr.] del 2015. Ai bravi ragazzi che mi hanno preceduto e ai bravi ragazzi che sono seduti di fronte a me, grazie per avermi sostenuto come Senior Monitor. A volte mi sono chiesto se ho meritato questo ruolo, a volte ho dubitato di riuscire a fare ciò che doveva essere fatto, ma nonostante la paura ho lottato per essere un leader che non vi deludesse mai e, conseguentemente, sono grato di ciò che ho ricevuto in cambio. Voglio condividere con voi alcune parole di Roosevelt che sono vicine al mio cuore, parole che mi sono molto più vicine ora di quanto lo siano mai state: «Non è il critico che conta, né l’uomo che fa notare come l’uomo forte inciampi, o che fa notare il punto in cui colui che ha compiuto un’impresa avrebbe potuto fare di meglio. Il merito va all’uomo che si trova veramente nell’arena, il cui volto è sporco di polvere e di sudore e di sangue, che lotta con valore, che sbaglia, che fallisce ancora e ancora, perché non c’è nessuno sforzo senza errore e fallimento; all’uomo che continua a lottare per portare a termine i compiti; che conosce i grandi entusiasmi, le grandi devozioni; che si prodiga per una causa degna; che, nel migliore dei casi, conosce alla fine il trionfo di un grande successo e che, nel peggiore dei casi, se fallisce, almeno fallisce osando molto, cosicché il suo posto non sarà mai con quelle anime fredde e timorose che non conoscono né vittoria né sconfitta». Questo compito sarebbe stato impossibile se fossi stato da solo e perciò devo ringraziare un gruppo molto ampio. Innanzitutto, Sam e Jacey, mi hanno ispirato così tanto, mi hanno dato così tanta forza quando ero debole e sono stati una fonte meravigliosa di sostegno. Vi sento sempre alle mie spalle e ogni giorno mi sento meglio. Alla classe del 2015, vi devo così tanto. Faccio tesoro dei legami che ho intrecciato con ognuno di voi. Grazie per avermi accettato in un gruppo in cui avrei potuto essere rifiutato così facilmente, per avermi dato una possibilità, per la fratellanza che abbiamo avuto. Probabilmente la cosa migliore che la Christchurch mi ha dato è stato il legame con voi. Significa per me molto più di quanto voi immaginiate. Come ho detto più volte, siete tutti persone eccezionali, senza di voi non sarei andato lontano e vi ringrazio tutti. Devo poi riconoscere la guida e il supporto negli studi di Mr Hill, di Mr Fraser e così di Mr Williams e Mr Trevelyan. […] Grazie a questi ragazzi che parlano a bassa voce dei loro successi […] e che riconoscono la responsabilità che si accompagna ai loro privilegi. E queste sono parole che ho scritto prima di essere messo nel mio letto d’ospedale. Grazie. Lunghi anni sono passati e ora siamo qui, pronti per andare avanti, ragazzi. Siamo qui, ma non solo per merito nostro. Siamo diventati quello che siamo, consapevolmente o meno, per le nostre decisioni, per le scelte che abbiamo fatto e per il sostegno delle persone che ci circondano. E abbiamo bisogno di ringraziare queste persone. Ai nostri insegnanti, grazie per averci mostrato la vostra conoscenza e occasionalmente anche qualche film, grazie per averci aiutato anche quando avreste potuto decidere di non farlo. Avete preteso da noi il meglio che potessimo dare, anche se non eravamo disposti a darlo, e anche a un drappello di teenager questo non è passato inosservato. Ai nostri genitori, grazie per averci sostenuto in così tanti modi che non sono in grado di descriverli. Ogni giorni vi siete assicurati che fossimo vestiti bene, ci avete aiutato con i compiti, avete pagato le tasse scolastiche, siete venuti agli incontri sportivi e avete fatto quello che la scuola richiedeva. Avete commisurato ogni dramma quotidiano e c’eravate sempre per noi. Ma ci avete anche dato lo spazio per diventare gli uomini che siamo oggi. […] Possiamo fare la differenza a modo nostro. La Christchurch sostiene i successi accademici, culturali e sportivi e in tutti questi ambiti è un’eccellenza. Ma noi non possiamo ottenere il meglio in ogni campo, o in qualsiasi momento. Ci sono volte in cui non riusciamo ad ottenere tutto, o addirittura non otteniamo niente. Ma possiamo almeno scegliere di avere forza morale, un valore della nostra scuola. Avere forza morale significa prendere decisioni consapevoli per diventare una persona che non si arrende […]. Jim Rohn ha detto: «Lasciate che siano gli altri a condurre vite piccole, ma non voi. Lasciate che siano gli altri a piangere piccoli dispiaceri, ma non voi. Lasciate che siano gli altri a mettere il loro futuro nelle mani di qualcun altro, ma non voi». Ovviamente, fare questo ci costringe a guardare in faccia le nostre paure. La paura di sembrare stupidi, di non essere abbastanza. Ma questo è il punto: nessuno di noi esce dalla vita da vivo. Quindi siate cortesi, siate grandi, siate gentili e grati per le opportunità che avete, l’opportunità di imparare dagli uomini che hanno camminato prima di voi e da quelli che camminano accanto a voi. […] Sfido voi e me stesso a continuare a crescere e a evolvere in meglio. Il futuro è veramente nelle nostre mani. Dimenticatevi i sogni a lungo termine. Dedicatevi appassionatamente al raggiungimento di obiettivi a breve termine. Lavoriamo con passione e orgoglio su ciò che sta di fronte a noi. Non sappiamo dove andremo a finire, o quando. Qualcuno di noi incrocerà il nostro cammino, di nuovo, qualcuno di noi sarà in televisione, qualcuno sarà nella stampa, qualcuno in prigione. Ma mi è davvero piaciuto crescere con voi. Vi ricordo tutti con affetto e sono sicuro che voi vi ricorderete di me. […] Non so dove andremo, non lo so per nessuno di noi – né per me, né per voi. Ma vi auguro il meglio per il vostro viaggio e vi ringrazio per essere parte del mio. Dovunque andremo, e qualunque cosa faremo, saremo sempre amici, fino a quando non ci incontreremo di nuovo. Altiora Peto [Aspiro più in alto, ndr]».

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