Lo strano caso di Stano a proposito di Schwazer

Lo strano caso di Stano a proposito di Schwazer

Domattina alle 7.30 saranno passati sei anni. Sei anni dal Capodanno 2016 quando, a quell’ora, gli zelanti zeloti dell’antidoping si presentarono a casa di Alex Schwazer in Racines, Bolzano, per l’ennesimo controllo a sorpresa cui veniva sottoposto l’oro nella 50 km di marcia a Pechino 2008. Fu quella mattina che l’olimpionico venne scaraventato all’inferno dalla manipolazione delle provette contenenti il campione di urina poi taroccato perché Alex, oggi trentasettenne, risultasse positivo a causa della presunta presenza di metaboliti del testosterone. Sei anni d’inferno, con la squalifica sino al 2024 comminata dall’allora Iaaf, che dal 2019 si chiama World Athletics ed è presieduta da Sebastian Coe. Trattasi dell’organizzazione che scandalosamente non ha inserito né Marcell Jacobs né Gianmarco Tamberi fra i primi dieci atleti del 2021. A causa della sanzione, Schwazer non ha potuto partecipare né ai Giochi di Rio 2016 né a Tokyo 2021.

Il 5 agosto scorso, Massimo Stano, 29 anni, ha conquistato l’oro della 20 km alle Olimpiadi giapponesi. Nei giorni scorsi, per corriere.it, il collega Marco Bonarrigo ha intervistato Stano che, quando Bonarrigo gli ha fatto notare come l’Italia non avesse vinto un oro olimpico nella marcia dal 2008, con Alex Schwazer, ha risposto seccamente: «Io ricordo l’oro di Ivano Brugnetti ad Atene 2004». E Schwazer? «Schwazer dopo Pechino si è dopato: la sua storia non mi interessa. Di vincere da sporchi son capaci tutti».

Punto 1) Stano è un olimpionico come Schwazer; ha appena ricevuto il Collare d’Oro al merito sportivo come Schwazer e, per prima cosa, deve portare rispetto a chi, peraltro, ha vinto l’oro nella gara di marcia massacrante più del doppio della sua. Gara assolutamente pulita, mai sporcata da chicchessia.

Punto 2) Se, anziché controricorrere al Tas e poi al Tribunale Federale Svizzero, Iaaf e Wada avessero accettato l’ordinanza di archiviazione firmata il 18 febbraio scorso dal coraggioso Gip di Bolzano, Walter Pelino, Schwazer avrebbe gareggiato a Tokyo. Secondo il professor Sandro Donati, campione mondiale dell’autentico antidoping e allenatore dell’altoatesino, questi il 5 agosto avrebbe avuto ottime chances di vittoria.

Punto 3) E’ comprensibile che l’euforia e i festeggiamenti per il successo di Tokyo abbiano impedito a Stano di aggiornarsi sul caso Schwazer. E allora, fra un brindisi e l’altro, è sicuramente corroborante un esercizio di memoria, citando testualmente alcuni passi dell’ordinanza di 87 pagine del giudice Pelino il quale, forte anche della perizia dei Ris di Parma ha disposto l’archiviazione delle accuse di doping mosse contro l’oro di Pechino “PER NON AVER COMMESSO IL FATTO”: lo scriviamo in maiuscolo, così si legge meglio. «Si ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati da Alex Schwazer siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi. Sussistono forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento dei predetto reato siano stati commessi una serie di reati: falso ideologico falso processuale e diffamazione». Di più. Il magistrato mette nero su bianco accuse pesantissime alla credibilità del sistema antidoping internazionale, chiedendo al Pubblico Ministero di indagare sulla Wada, l’agenzia mondiale antidoping e la già citata ex Iaaf. «Wada e Iaaf operano in maniera totalmente autoreferenziale, non tollerano controlli dall’esterno e sono pronte ad impedirlo al punto da produrre dichiarazioni false e da porre in atto frodi processuali... Contro Alex Schwazer è stato messo in atto un piano sofisticato: una serie di dati falsi e artatamente prospettati. Alla luce di quanto appare più che evidente è che siamo in presenza di un castello di carte costruito ad arte per ingannare».

Punto 4) Un castello di carte, la cui costruzione cominciò il 1° gennaio 2016 dopo che Schwazer aveva testimoniato contro due medici accusati di aver spinto alcuni sportivi a doparsi. Ha scritto ancora il giudice: «Doping di Stato, dunque e una testimonianza pericolosa che non solo veniva all’interno di quel mondo, ma anche da un atleta che aveva scelto come proprio allenatore il paladino dell’antidoping: Sandro Donati. Colpire Schwazer significava dunque neutralizzare quella pericolosa testimonianza e, al tempo stesso, neutralizzare Sandro Donati, da quel momento allenatore di un dopato».

La prossima volta che gli chiederanno di Alex, si presume che a Stano non basteranno diciannove parole. Buon anno. E forza Schwazer sempre.

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