Andy Diaz, la fuga da Cuba e l'Italia: "Ringrazierò con un podio olimpico"

Il 2 giugno al Golden Gala l’ultima gara sotto la bandiera cubana per il triplista che ha giurato fedeltà al nostro Paese: "Ho dormito per strada da clandestino"
Andy Diaz, la fuga da Cuba e l'Italia: "Ringrazierò con un podio olimpico"

È nato il giorno di Natale del 1995 a L’Avana, Cuba. E al giorno di Natale del 2021 è legata la sua rinascita, personale e sportiva, dopo il suo arrivo in Italia da clandestino. Poche settimane prima, in Spagna, era fuggito dal ritiro della Nazionale cubana che, di ritorno dalle Olimpiadi Tokyo, aveva effettuato una sosta a Madrid. Andy Diaz Hernandez è fra i migliori triplisti del mondo. Tra pochi giorni, il 2 giugno, al Golden Gala di Firenze debutterà da cittadino italiano in Italia, anche se sui tabelloni dello stadio Ridolfi il suo nome sarà per l’ultima volta associato alla bandiera di Cuba. Ha giurato fedeltà alla Repubblica Italiana, ad Ostia, il 22 aprile, ma a livello di World Athletics devono essere ancora superate delle formalità burocratiche. Tesserato per la Libertas Unicusano Livorno di Gianni Giannone, Diaz si allena al centro sportivo delle Fiamme Gialle di Castelporziano con Fabrizio Donato, argento alle Olimpiadi di Londra 2012, e col responsabile dei salti Andrea Matarazzo. Nel tempo libero studia lingua e cultura italiana con l’Università telematica Niccolò Cusano.

Andy Diaz, emozionato di gareggiare finalmente in Italia da italiano?
«È il mio sogno che si avvera. Sono cittadino italiano da poco tempo, ma era il mio obiettivo fin dal giorno in cui, senza sapere cosa mi aspettava, decisi di venire qui. Da piccolo ero affascinato dall’Italia e dalla sua cultura, dalla sua storia, dal suo sport».

La sua è una storia incredibile: ce la vuole raccontare?
«Avevo già in mente di lasciare Cuba. Dopo le Olimpiadi di Tokyo, approfittando di una sosta in Spagna, sono scappato. È stata una scelta forte e quasi disperata. A Cuba ho lasciato tutto. Ma quel salto esistenziale ho voluto farlo con tutte le mie forze».

Perché?
«Perché a Cuba non potevo continuare ad alto livello, né sportivo né umano e personale. All’inizio, però, è stata durissima. Non sapevo a chi rivolgermi, dove andare. Ho dormito per strada. Sono stati giorni terribili. Fin- ché non ho attraversato la Francia e da clandestino sono giunto in Italia».

E in Italia cosa è accaduto?
«Ho chiamato Fabrizio, che avevo conosciuto in alcuni meeting fin dal 2018. Avevo il suo numero e gli ho telefonato».

E si è mostrato subito disponibile.
«Fabrizio chiamò Gianni e assieme cercarono di farmi vivere il Natale, che coincide con il mio compleanno, in modo decente. Passai quel giorno, che non posso dimenticare, in un albergo di Roma. Appena un anno e mezzo fa, eppure mi sembra un secolo. Da lì, però, è iniziata la mia nuova vita. Gianni mi chiese di entrare nella Libertas Unicusano e così ho ripreso a fare atletica».

Finché non è esploso conquistando addirittura la Diamond League...
«Nel mezzo, chiaramente, ci sono settimane e mesi di intensi allenamenti. C’è il mio debutto in Italia in un meeting ad Arezzo dove saltai con delle scarpe di gomma, senza chiodi, facendo un buon risultato, quindi c’è l’ottima performance di Grosse- to (17,64: migliore prestazione mondiale del momento, ndr) ed anche tante altre occasioni, fino ad arrivare a quella notte, lo scorso settembre, a Zurigo».

Cosa ricorda di quella sera straordinaria?
«Ero molto tranquillo. Fabrizio mi diceva che potevo farcela. Sono andato in pedana con la consapevolezza che il risultato era alla mia portata ed è arrivato. Però, oggettivamente, quella vittoria non è stato un lampo nella notte. È stata cercata, costruita con tutto lo staff, tappa dopo tappa. Durante l’anno avevo già vinto due appuntamenti della Diamond, a Losanna e a Silesia, in Polonia, inoltre ero arrivato secondo a Parigi, quindi il successo finale poteva starci»

Il 2022 è stato l’anno della sua consacrazione. Si può dire che la vittoria in Diamond ha rappresentato la svolta?
«Diciamo che quella vittoria mi ha fatto conoscere al grande pubblico e sicuramente mi ha aiutato ad ottenere, in via abbreviata, la cittadinanza italiana per meriti sportivi. Però, sul piano personale, la vittoria che forse ha rappresentato la vera svolta è stata quella di Grosseto, perché è lì che io ed il mio staff abbiamo capito che potevamo fare cose importanti».

Quanto vale Andy Diaz, oggi, in termini di prestazione assoluta?
«Bella domanda... Sicuramente punto a migliorare il mio primato personale (17,70 con cui ha vinto la Diamond League a Zurigo, ndr)».

E come vive, oggi, Andy Diaz?
«Bene. Mi alleno e studio. Vivo ad Ostia, anche se talvolta, per ovvi motivi, mi sposto a Livorno. Sono riuscito a far arrivare mia mamma e spero che presto possa raggiungerci mio padre».

Tornerebbe indietro?
«No, va bene così».

Per concludere, cosa si aspetta dal futuro, quali sono i suoi obiettivi?
«Intanto vincere il Golden Gala e onorare così la memoria di Pietro Mennea, poi partecipare ai Mondiali di Budapest come atleta italiano riconosciuto tale anche dalla World Athletics, infine dare all’Italia una medaglia olimpica già il prossimo anno a Parigi. È il minimo che possa fare per ringraziare il mio nuovo Paese per tutto quello che sta facendo per me».

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