Aru e l'addio al professionismo: "Il ciclismo ti insegna a non mollare mai"

Il corridore chiude la carriera dopo una Vuelta e due podi al Giro d'Italia. Il 31enne sardo ha poi aggiunto: "Voglio un futuro che mi consenta di stare a casa"
Aru e l'addio al professionismo: "Il ciclismo ti insegna a non mollare mai"

Alla vigilia della Vuelta di Spagna, terminata poi senza sussulti, Fabio Aru aveva annunciato che quella sarebbe stata la sua ultima corsa da professionista. Il corridore sardo, vincitore di una Vuelta e due volte sul podio al Giro d'Italia, ha parlato ad una cerimonia di saluto organizzata a Cagliari: "Da quando ero giovanissimo non ho potuto mangiare a Natale e Capodanno come tutti gli altri, ora con gli amici abbiamo mangiato un maialetto", racconta sorridendo, annunciando poi il progetto di "allargare la famiglia con un fratellino o una sorellina a nostra figlia".

Aru e i suoi progetti per il futuro: "Più in là, chissà"

Parlando poi dei progetti futuri, Aru ha aggiunto: "Più in là, chissà, valuterò alcune proposte, ma non prima del 2022". Per lui, spiega, "tutto era diventato troppo, fino a sentirmi un'azienda. Tanti impegni anche fuori dagli allenamenti e dalle gare. Nel corso degli anni ho anche avuto bisogno di collaboratori pagati da me. Qualcuno mi ha deluso, sono rimasto ferito". Sopra tutto, la necessità e il desiderio di stare di più con moglie e figlia: "Non potevo stare fuori 200, anche 230 giorni all'anno, ora accetterò impegni che mi tengano via al massimo 30 giorni. Il ciclismo? Ti insegna a non mollare mai, tante volte in questi anni avrei voluto farlo ma non l'ho fatto. Nell'ultima squadra mi sono sentito in famiglia, se non avessi smesso avrei continuato con loro". E sul ciclismo di oggi ribadisce: "Si parla troppo di numeri legati ai misuratori di potenza: una salita diventa un insieme di cifre. Io direi che almeno prima del professionismo possiamo fare a meno dei misuratori di potenza perché si rischia di non ascoltarsi e di perdere certe sensazioni".

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