Pogacar, il campione Monumento: solo Coppi meglio di lui

Assolo dell'asso sloveno al Giro di Lombardia: tre vittorie di fila, solo una in meno della leggenda
Pogacar, il campione Monumento: solo Coppi meglio di lui© LAPRESSE

Sul regno di Pogacar il sole non tramonta mai. Tadej III si consegna alla storia stracciando primati che sembravano fatti per restare aggrappati al mito, all'epica. Lo sloveno dell'Uae Emirates trionfa per la terza volta consecutiva al Giro di Lombardia, conquistando un'altra Monumento dopo l'impresa al Fiandre in un 2023 nobilitato pure da Amstel Gold Race e Freccia Vallone. È il primo a riuscire a trionfare in una Monumento per tre volte di fila dai tempi del tris di Argentin alla Liegi-Bastogne-Liegi ed è il primo a domare per tre anni consecutivi le salite lombarde dai tempi di Fausto Coppi, con il Campionissimo capace di imporsi in quattro edizioni senza interruzioni tra il 1946 e il 1949. I termini di paragone ci offrono le reale dimensione raggiunta dallo sloveno, capace di crescere in tutti i sensi nell'annata del suo primo, vero schiaffo subito in carriera, la “cotta” rimediata sul Col de la Loze al Tour de France (stra)vinto dal rivale Vingegaard. Pogacar ha attraversato il traguardo di una Bergamo in estasi in completa solitudine, godendosi la parata come mai gli era capitato nei due precedenti successi per via della caparbia resistenza di Fauso Masnada (2021) e Enric Mas (2022).

La vittoria al Lombardia

Lo sloveno ha piazzato l'attacco nella discesa del Passo di Ganda, quello che doveva far esplodere la corsa e che l'ha fatta effettivamente esplodere. Succede tutto in una manciata di chilometri. L'Uae Emirates in salita riprende la fuga (ottimo il 23enne azzurro Martin Marcellusi) e manda Adam Yates allo scoperto, lasciando Pogacar alla ruota di Roglic. Primoz si sfila e Tadej ne approfitta per stanarlo, lanciandosi all'attacco in compagnia di Vlasov. Roglic annaspa, lotta e con grande lucidità riesce a raggiungere il connazionale. I due sloveni scollinano insieme accompagnati dal russo Vlasov, da un fenomenale Andrea Bagioli - infine secondo -, da Carlos Rodriguez e da Simon Yates. È lì, in discesa, che si scatena il genio di Tadej Pogacar, come nell'allungo vincente di Vincenzo Nibali nel 2015 scendendo dal Civiglio (in direzione Como) ma stavolta ancora da più lontano. Sono 31 i chilometri al traguardo quando Tadej inizia a diventare un puntino bianco in fondo agli occhialoni dei suoi inseguitori. Ne nasce una sfida epica, una cronometro individuale di forza e di volontà pura che lo sloveno riesce a domare nonostante l'attacco dei crampi, con l'ammiraglia chiamata al supporto per superare il momento di difficoltà.

La sensazione, anche quella della vigilia, è che forse le gambe di Pogacar non fossero al 100%: la testa, l'intuizione e il talento - aiutate dalla mancanza di un accordo tra gli inseguitori - hanno fatto la differenza. «Ho provato in salita, ma Vlasov era davvero in forma. Ho provato di nuovo in discesa e lì è andata sicuramente meglio. Negli ultimi chilometri ho avuto i crampi prima alla gamba destra, poi alla sinistra. Lì ho pensato, è finita» ha confessato lo sloveno al traguardo. «Ho continuato a pedalare, cercando di ritrovare la migliore posizione in bici. Volevo dare tutto sull'ultima salita, arrivare in solitaria al traguardo è stato un sogno».

Un sogno che Roglic, terzo all'ultima gara con la sua Jumbo-Visma, ha solo sfiorato. Un sogno che per Evenepoel, caparbio in volata al 9° posto finale, si è spezzato dopo pochi chilometri per una caduta che ha presentato il conto sul Passo di Ganda. «La squadra continuerà, dunque resto. Ci sono stati momenti difficili, ma il prossimo anno andrà meglio» ha detto il belga ponendo un argine forse definitivo alle voci sulla fusione tra Soudal Quick-Step e Jumbo-Visma. Ultima da sogno per Thibaut Pinot a cui centinaia di tifosi arrivati dalla Francia hanno dedicato cori e striscioni. Ultima da pro in lacrime anche per il quasi 40enne Imanol Erviti, solido passista spagnolo abile sulle pietre.

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