L'Italia del Giro d'Italia

Noi italiani avevamo iniziato da derelitti, in quel di Belfast, con l'illusione che la prima maglia rosa potesse finire sulle spalle di Ivan Santaromita, l'unico nostro rappresentante del team sulla carta favorito nella cronosquadre introduttiva di questo Giro d'Italia, la Orica GreenEdge
TORINO - Noi italiani avevamo iniziato da derelitti, in quel di Belfast, con l'illusione che la prima maglia rosa potesse finire sulle spalle di Ivan Santaromita, l'unico nostro rappresentante del team sulla carta favorito nella cronosquadre introduttiva di questo Giro d'Italia, la Orica GreenEdge. Che in effetti la spuntò, era venerdì 7 maggio, ma facendo tagliare per primo il traguardo al canadese Svein Tuft, con il nostro tricolore varesino - Santaromita, appunto - in evidente affanno. A quel punto, e nei giorni successivi che videro il dominio in volata del tedescone Marcel Kittel e nella classifica generale del non certo famosissimo australiano Michael Matthews, abbiamo temuto che questo fosse un Giro assai poco... italiano. Poi per fortuna ci ha pensato il cecinese Diego Ulissi a piazzare non una ma due delle sue fiondate perentorie, mentre la maglia rosa passava in altre mani straniere, prima in quelle esperte di Cadel Evans, che di italiano ha soltanto la moglie, e poi in quelle inedite del colombiano Rigoberto Uran. Ma i nostri, dopo titubanze varie, sentivano il richiamo della più importante corsa del calendario nazionale, piazzando un doppio colpo tremebondo a opera di una squadra fatta in casa, la Bardiani, che la famiglia Reverberi conia da sempre con corridori di casa nostra pescati dalle categorie giovanili, con papà Bruno e il figliolo Roberto sempre presenti a tutte le corse di livello riservate a juniores o under 23. E così, nei due ultimi giorni, ecco dapprima l'exploit di Marco Canola e poi quello di Enrico Battaglin, entrambi vicentini, entrambi folli da andare in fuga nei primi chilometri per poi resistere al ritorno dei primi della classe. Il primo, Canola, dribblando anche la grandine nella frazione di pianura che terminava a Rivarolo Canavese; il secondo, Battaglin dal cognome illustre, scappando al chilometro zero e portandosi dietro una trentina di compagni di avventura per poi finire ancora primao su un traguardo nobile, davanti al santuario votivo di Oropa, dove nel 1999 Pantani aveva vinto dopo aver raggiunto e sorpassato quarantanove avversari che lo avevano distanziato in salita, approfittando di un guaio meccanico dello stesso Pirata romagnolo. E così, affrontando il giorno che conclude la seconda settimana di corsa, oggi verso Montecampione, ci sentiamo di dire che il ciclismo italiano abbia dato chiari segni di risveglio nonostante sia ancora costretto a fare i conti con la paurosa recessione in cui versa l'intero Paese. Ulissi, Battaglin e Canola hanno già vinto; Pozzovivo è il più attivo in salita tra gli uomini di classifica; Aru regge benissimo il confronto con i migliori, nonostante la sua giovane età e la promozione sul campo a capitano dell'Astana dopo le cadute del suo esperto compagno Michele Scarponi. Per ora va bene così, ma chissà che sin da oggi, sulla mitica montagna che consegnò a Pantani il Giro 1998 dopo il decisivo allungo nei confronti del russo Tonkov, non si possano scrivere altre pagine importanti dell'Italia del... Giro d'Italia.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Giro d'Italia