La ricetta di Tenorio, coach da leggenda

L'argentina si è ritirata nel 2021 all'età di 47 anni dopo una carriera piena di successi: «Adesso alleno tramite i social, le masterclass e i corsi»
La ricetta di Tenorio, coach da leggenda

Cata Tenorio è nata in Argentina il 27 agosto del 1975. Nel 2021, alla “giovane” età di 46 anni, ha deciso di ritirarsi, dopo un’incredibile carriera che l’ha vista giocare per 25 anni ad altissimi livelli, portandola ad essere 4 volte campionessa del mondo con l’Argentina e numero 1 nel 2008, vincendo ben 13 tornei. Al suo fianco si sono alternate giocatrici come Valeria Pavón, Marta Marrero, Bea González e Victoria Iglesias. Oggi è un’affermata coach, che promuove il padel attraverso le sua masterclass e i social.

Cosa l’ha spinta a smettere?

«Il mio corpo aveva fatto già diversi tagliandi e non riuscivo più a riposarmi abbastanza tra un torneo e l’altro, dato che erano diventati troppi. Inoltre, per combinare il tutto con la famiglia bisognava fare magie».

Perché diventare un allenatrice?

«Vivo in Spagna da 20 anni e mi dedico da sempre all'insegnamento di tutti i tipi di giocatori, con l’obiettivo di diffondere la disciplina attraverso i miei social network, le masterclass e i corsi intensivi di padel che tengo non solo in Spagna».

Cosa pensa dei continui cambi di partner?

«A volte sono necessari e altre volte troppo avventati».

Come si fa a mantenere l'equilibrio all'interno del team?

«Con molta comunicazione e programmando all'inizio del progetto i ruoli di ogni giocatore dentro e fuori dal campo, insieme agli obiettivi a breve e a lungo termine».

Ritiene che la figura del mental coach sia importante?

«Sì, è un vero psicologo che ti fa lavorare sull'aspetto mentale del gioco, che è quello che spesso differenzia un giocatore da un altro».

Il ricordo più bello e quello più brutto?

«Quando sono diventata numero 1 nel 2008 e quando ho vinto due tornei al WPT dopo essere diventata mamma, sono momenti indimenticabili. Il peggiore è stato l'infortunio della mia compagna ai Mondiali in Spagna nel 1996 che ci ha impedito di giocare le semifinali».

Un aneddoto divertente?

«Una volta ho detto all'arbitro, nel campo centrale di un Master con circa 5.000 persone presenti, che aveva la cerniera dei pantaloni aperta e lui non mi ha creduta pensando che scherzassi, poi ha controllato ed era vero. Era molto imbarazzato e non sapeva come tirarsi su la cerniera davanti a tutta quella gente e con le telecamere che riprendevano il sorteggio, anche sui grandi schermi, prima dell’inizio della partita».

Punti di forza e debolezza?

«Il duro lavoro e la perseveranza, mentre l’impazienza e le aspettative su alcune situazioni e persone sono i miei limiti».

Se non avesse lavorato nel padel?

«Avrei fatto l’ortodontista, che è quello per cui ho studiato».

Sogni nel cassetto?

«Fortunatamente ne ho realizzati diversi, per esempio avere una famiglia, essere una sportiva, viaggiare grazie al padel scoprendo molti posti nel mondo. Ora spero che la mia vita continui nella stessa direzione, per avere salute e benessere per me e la mia famiglia».

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