Padel, Mieres: "Con Mike e Javi pronti a volare"

L'ex campione del mondo e numero 1 si racconta tra gli infortuni e la scelta di allenare: "Il mio segreto è la positività"
Padel, Mieres: "Con Mike e Javi pronti a volare"

Nato a Bahìa Blanca il 30 ottobre del 1980, meglio conosciuto nel circuito come Juani, dopo essersi ritirato lo scorso anno dalle competizioni, Juan Mieres ha deciso di intraprendere subito la carriera da coach. Quest’anno l’inizio in Premier Padel con la finale a Doha in panchina con la coppia rivelazione del torneo formata da Javi Garrido e Mike Yanguas è stato decisamente promettente. L’argentino naturalizzato spagnolo è stato più volte campione del mondo con la Spagna e nel 2014 anche numero 1 in coppia con Pablo Lima, durante una stagione esaltante fatta di incredibili battaglie contro Belasteguin e Juan Martín Díaz, tanto da ricevere il soprannome di “Los Principes”.

Perché diventare un coach?

«La mia decisione è scaturita dopo ben sei operazioni al ginocchio e ho capito che non avrei più potuto competere ad alti livelli. Lo scorso anno Ramirez mi ha chiesto se volevo allenarlo e così ho accettato di iniziare questa nuova sfida».

Cosa pensa dei continui cambi di partner?

«Sono affrettati, non hanno pazienza, ci vuole tempo per costruire un progetto».

Come mantenere l’equilibrio all’interno del team?

«Sapere che siamo una squadra e che vogliamo vincere, per questo è fondamentale la positività costante di tutti».

Ritiene importante la figura del mental coach?

«Certo e per diverse ragioni. Ci sono momenti in cui la coppia non valuta in modo lucido le diverse situazioni e criticità a cui è sottoposta durante una partita, oppure in altri momenti i ragazzi hanno avuto magari una brutta giornata. È qui che l’aiuto psicologico diventa quindi fondamentale, sia per il giocatore che per noi che li alleniamo e ci passiamo più tempo».

Il ricordo più bello e più brutto della sua carriera?

«Quando sono diventato campione del mondo con la Spagna e quando ho vinto al WPT il Master Finals. Il peggiore senza dubbi i troppi infortuni e le tante operazioni che ho subito».

Qual è il suo momento indimenticabile?

«Per me rimarrà sempre quello vissuto in Argentina, quando giocavo negli under. Il pubblico e l’affetto verso di noi era impagabile e ogni momento emozionante».

Un aneddoto divertente?

«Durante una finale a Cordoba, un cane entrò in campo».

Cosa farebbe per far crescere questo sport nel mondo?

«Continuare a organizzare tornei ed eventi con la partecipazione di celebrità, che possano dare una maggiore risonanza anche a livello mediatico».

Punti di forza e di debolezza?

«Sono un combattente e cerco sempre di fare del mio meglio. Il punto debole è che a volte non ho fiducia in quello che faccio, ma sto migliorando».

Se non avesse lavorato nel padel?

«Avrei voluto fare il calciatore».

Ha dei sogni?

«Vedere le mie figlie crescere bene e avere una vita serena».

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