Gonzalo Rubio, n.30 del ranking FIP, è uno di quei giocatori che non è ancora riuscito a farsi conoscere bene dal pubblico. Ed è un vero peccato. Nato a Siviglia il 22 febbraio del 1991, campione spagnolo juniores in tutte le categorie, non è ancora riuscito a compiere il grande salto che merita, e sinceramente lo avremmo voluto vedere a fianco di qualche top, dove non avrebbe certamente sfigurato. È un giocatore mancino, che vanta degli ottimi colpi e un talento apprezzato da tutti gli addetti ai lavori. Gioca in coppia con Pablo Lijo con cui cercherà in questo finale di stagione di scalare qualche posizione per terminare un’annata che sarebbe potuta andare meglio, considerate le forti potenzialità di Gonzalo, che abbiamo potuto apprezzare anche nelle esibizioni del Padel Trend Expo.
Che aspettative avete per questo finale di stagione?
«L'obiettivo principale è continuare a costruire una coppia competitiva, cercando di divertirsi in campo e di puntare a raggiungere un livello sempre migliore».
Quali sono le chiavi del successo di una coppia?
«La principale, oggi quasi inesistente nel circuito, è la pazienza. Tutti hanno fretta di ottenere risultati a breve termine e questo è un errore. Penso che bisognerebbe regolamentare meglio il tutto, per limitare i cambiamenti durante la stagione, e questo per il bene dei tifosi, ma soprattutto per i giocatori e gli allenatori, che hanno bisogno di stabilità per poter costruire qualcosa insieme».
Se potesse "rubare" un colpo al suo partner?
«La volée di rovescio, una delle migliori del circuito».
Com’è il rapporto con i suoi ex compagni fuori dal campo?
«Ho la fortuna di avere un buon rapporto con la maggior parte dei partner e con alcuni ho stretto anche una bella amicizia, come Jorgito Ruiz e Javi Ruiz».
Le piace il tennis? E che ne pensa del pickleball?
«Mi è sempre piaciuto il tennis. Ho giocato a pickleball e lo trovo divertente, ma nulla a che fare con il padel che è molto più vario e dinamico».
Come vede il padel tra 10 anni?
«Stiamo crescendo a un ritmo spettacolare soprattutto a livello amatoriale. La cosa più importante è promuovere questo sport a livello globale e renderlo accessibile a tutti».
Può raccontarci un aneddoto divertente?
«Sono noto per essere un giocatore che lotta molto e che si tuffa di testa. Una volta durante la finale di un torneo ho saltato una panchina e sono finito dentro il frigorifero delle bevande, per evitare un allenatore (ride, ndi)».
A chi dedica le sue vittorie?
«Alla mia famiglia, ma soprattutto a mio padre a cui devo tutto e al mio amico e sponsor Javier Barragan del brand messicano Cartòn».
Si trova bene con i social network?
«Li uso soprattutto come strumento per poter offrire più visibilità possibile ai miei sponsor, che mi sostengono nel mio percorso».