Olimpiadi femminili di maratona, è a Los Angeles la prima volta?

Le donne hanno sempre partecipato alle competizioni podistiche? Come è nato il loro coinvolgimento? Storie di donne che hanno aperto la strada ad un mondo in grande crescita.
Olimpiadi femminili di maratona, è a Los Angeles la prima volta?

E’ storia antica il fatto che le donne abbiano sempre avuto non poche difficoltà nel farsi riconoscere il proprio posto in qualunque ambito. Il contesto podistico, e specialmente le gare di corsa, non sono stati da meno e le discriminazioni hanno raggiunto quasi i giorni nostri, senza contare che vi sono alcuni stati politici in cui certamente ancora oggi le donne non sono ammesse. 

DIVIETO AD ATENE - La prima storia che merita di essere raccontata è quella di Stamata Revithi, una donna greca di umili origini che si presentò al villaggio di Maratona il giorno prima della prima edizione dei Giochi Olimpici con l’idea di correre insieme ai 17 atleti che nel 1896 presero parte alla maratona di Atene. Stamata fu respinta, il giorno dopo corse i 40 chilometri (in quell’epoca questa era la distanza che costituiva la maratona) dopo aver trovato tre persone disposte a testimoniare sia la sua impresa che il tempo di partenza da Maratona. Per arrivare ad Atene impiegò 5 ore e 20 minuti, le fu vietato l’accesso al Panatinaiko ma registrarono il suo tempo di arrivo. Al traguardo della gara ufficiale, il giorno prima, erano arrivati solo in 9; Spyridon Louis, il pastorello che vinse la gara, aveva corso in 2 ore e 58 minuti, mentre l’altro Spyridon (Belokas), il terzo, fu squalificato per essersi fatto trasportare con un carretto.

VESTITA A FESTA - Ci vorranno tantissimi anni prima che le donne siano ammesse a correre le lunghe distanze. Si riteneva che se le donne avessero corso per più di un chilometro avrebbero perso l’utero…E’ questo il contesto culturale degli ’60 quando ci imbattiamo nella storia della statunitense Julia Chase-Brand, nipote di suffragette, che a 18 anni si iscrive alla Manchester Road Race nel Connecticut. Rifiutata, ritenta l’anno successivo, vestita con l’abito della festa per non farsi inibire prima, e batte persino dieci uomini, sebbene il suo tempo non sia stato ufficialmente registrato.

LOTTE E PROTESTE - Ancora più dura fu essere ammesse alla partecipazione della maratona. L’impegno pionieristico di Stamata era ormai lontanissimo nel tempo quando sono state registrate le prime partecipazioni “illegali”. Nel 1966 Roberta Gibb si presenta al traguardo della Maratona di Boston in 3 ore e 21 minuti (arrivando quindi davanti ai due terzi dei partecipanti) un’impresa che entrò a far parte della storia, ma non venne riconosciuta.

La segue Kathrine Switzer nel 1967, una impresa che per molto tempo ha avuto più risonanza di quella della Gibb in quanto la Switzer riuscì ad iscriversi alla maratona di Boston usando solo le iniziali all’atto dell’iscrizione e fu strattonata dai giudici durante la gara. Kathrine riuscì nella sua impresa grazie alla collaborazione del suo compagno che fece da scudo e le permise di procedere.

Bisognerà aspettare il 1971 perché agli organizzatori di Boston e New York sia consentito di accettare le donne che, però, dovevano partire in un punto diverso, e dieci minuti prima degli uomini. All’epoca le donne lottavano quotidianamente per la parità e lo fecero anche in questa occasione sedendosi in segno di protesta finché non partirono anche gli uomini. Tra queste donne vi era Nina Kuscsik, prima donna a vincere la Maratona di Boston, nel 1972. 

Bisognerà attendere ancora il 1984 per assistere alle Olimpiadi di Maratona femminili, dove a Los Angeles brillò la stella di Joan Benoit Samuelson, nei suoi racconti tutte le difficoltà incontrate per superare l’imbarazzo di essere una donna che si allenava per strada.

Ci sono tantissime storie di donne e corsa e, purtroppo, tantissime debbono ancora essere scritte. I numeri di partecipazioni odierne dicono che le donne si avvicinano sempre più alla corsa e che all’aumentare delle distanze si abbattono le barriere dovute alla superiorità della potenza muscolare maschile rispetto a quella femminile e prevalgono i meccanismi di resistenza fisica e mentale. Quindi, nessun ostacolo e lunga vita alle donne di corsa!

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