Resia Rosolina Relay 420km: per il Team Senza Paura l’adrenalina ha vinto sulla paura

35 ore per correre lungo tutto il corso dell’Adige con la Resia Rosolina Relay. Gli atleti del Team Senza Paura raccontano le proprie emozioni, paure, difficoltà di una gara quasi unica al mondo e corsa per la prima volta in Italia
Resia Rosolina Relay 420km: per il Team Senza Paura l’adrenalina ha vinto sulla paura

La vera grande gara novità dell’anno in Italia si chiama Resia Rosolina Relay, gara che si è disputata quest’ultimo fine settimana, un meraviglioso ed impegnativo viaggio dalla montagna al mare, lungo ben 420km lungo tutto il corso dell’Adige. Start differenziato e scaglionato dal venerdì pomeriggio alla notte dalla fonte dell’Adige sul Lago di Resia e arrivo fissato sul mare Adriatico, alla foce del fiume, a Rosolina a Mare. Una prima edizione in Italia, pochissime gare al mondo di questa lunghezza e difficoltà, un’idea nata dagli organizzatori del Giro Lago di Resia e Verona Marathon durante i bui momenti del lockdown in Aprile.

Al via 29 team da 10 atleti cadauno, tra questi anche gli scatenati del Team Senza Paura, al traguardo in 9^ posizione assoluta, 6^ piazza come staffetta ‘Mista’ uomo-donna, con un totale di 35ore 38’ 58”: “Il nome del Senza paura è una provocazione, una lucida pazzia - confema subito Vincenzo Russo -  per spiegarla con una figura retorica. Abbiamo affrontato le nostre paure senza paura. Il buio, la solitudine, la responsabilità nei confronti del gruppo; quest'ultima una novità per chi come noi è abituato a gareggiare singolarmente.

Atlete e atleti del Team Senza Paura provengono da cinque diverse società podistiche ed in particolare da segnalare la presenza di una atleta nazionale di Ultramaratona. In ordine di partenza si sono susseguiti ‘nel viaggio’: Vincenzo Russo (Bancari Romani), Roberto Del Negro (Bancari Romani), Matteo Simone (Atletica La Sbarra), Giuseppina ‘Peppa’ Randazzo (Purosangue Athletics Club), Michele D’Adamo (Atletica La Sbarra), Fabio Giancarli (Atletica La Sbarra), Gianni Mulazzi (Atletica La Sbarra), Dorotea Lo Cascio (G.S. San Giacomo), Serena Natolini (Bergamo Stars Atletica) e Fabrizio Spadaro (Atletica La Sbarra). Da segnalare che Vincenzo Russo e Matteo Simone sono due psicologi dello sport, spesso le loro parole hanno aiutato parecchio il team a non mollare e andare avanti sempre.

Quando e perché avete scelto di partecipare a Resia Rosolina Relay?

In estate quando è uscita la prima bozza di regolamento della gara siamo stati come folgorati da una scarica di energia da troppo tempo assopita dal periodo del lockdown e della conseguente assenza di manifestazioni podistiche - fa sapere subito Andrea Di Somma, caposquadra e organizzatore del team, che non ha corso la gara ma che ha accompagnato il gruppo per tutto il tempo organizzando i cambi e tanto altro -. In principio forse era solo la voglia di rimettersi in gioco indossando un pettorale. Con il tempo invece ha preso forma un progetto che ha visto sì come protagonista indiscussa la gara corredata però da una serie di elementi, tra cui il format, il viaggio lungo il fiume, il concetto di squadra, la condivisione degli oggetti, del cibo e degli spazi”.

Cosa vi ha colpito nella proposta iniziale, solo sulla carta, visto che in Italia non si era mai svolto nulla di simile?

Abbiamo letto degli articoli pubblicati dagli organizzatori sulla loro esperienza diretta di una gara che avevano corso in Oregon diversi anni fa e che hanno preso come spunto per ideare la Resia Rosolina Relay. Il primo elemento di interesse è stato il viaggio inteso come principio supremo della competizione da condividere con più persone all’interno di un contesto pieno di insidie e di imprevedibilità dettate soprattutto dall’Adige e dall’ambiente naturale sviluppato intorno ad esso. Inoltre la formula della staffetta e, di conseguenza, la possibilità di condividere tutto questo dentro un team di dieci persone, è stata determinante per la nostra scelta di correre questa gara”.

Conoscevate i luoghi della gara e la ciclabile dell’Adige?

Personalmente corro tutte le estati in Trentino, ma mai la notte, mai sulla riva del fiume e mai da sola nel silenzio assoluto - afferma Giuseppina Randazzo - Il percorso è stato emozionante e nall'arco di diverse ore posso dire che lo è stato per diversi motivi, faccio due esempi: aver corso la notte in mezzo ai meli, con gli occhi delle mucche illuminati solo dalla luce frontale, con il rumore del vento tra le foglie, è stato un misto di paura e adrenalina, avevo paura di incontrare animali strani, di farmi male, di perdermi, all'inizio il rumore del vento sulle foglie mi faceva paura, poi ho iniziato a sciogliermi, a godere di quelle stesse cose di cui un minuto prima avevo paura, a sentire il rumore delle foglie come una musica e l'adrenalina ha preso il sopravvento ed ha vinto sulla paura.

Poi correre all'alba vedendo i contorni dei campanili sempre più nitidi, spegnere la luce e la torcia e vedere il cielo rosso sul percorso sterrato, in un silenzio assoluto quasi irreale, per me che anche alle 6 del mattino corro in una Roma che non è mai silenziosa è stata una emozione che non riesco a raccontare con le parole, qualcosa di assolutamente unico. Ad ogni modo la maggior parte di noi non ha mai fatto gare di questo tipo”.

Le vostre aspettative sono state ripagate?

Il livello di arricchimento personale che ognuno di noi ha tratto da questa manifestazione sportiva non è facilmente quantificabile. Sia a livello di corsa sia umanamente il bagaglio di esperienza da Resia a Rosolina è accresciuto in maniera esponenziale per ognuno di noi. Nonostante non tutti ci conoscessimo c’è stato comunque molta intesa, soprattutto per quanto riguarda la condivisione degli spazi e delle cose. C’è stata molta empatia. Ci sentiamo assolutamente ripagati da questa splendida esperienza nonostante dal punto di vista sportivo avessimo puntato ad un risultato migliore, ma ci riproveremo”.

Quali sono stati i momenti più difficili?

“Per il Team ci sono stati due momenti veramente critici: i 50 minuti in cui uno dei nostri atleti si è perso nel bosco di Laudes durante la seconda frazione. C’è stata molta agitazione non avendo avuto sue notizie per un periodo di tempo che sembrava infinito. Abbiamo avuto vermente paura che gli fosse successo qualcosa, da lì in poi abbiamo gareggiato tutti con il cellulare nel marsupio per paura di perderci e per essere più al sicuro. Ancora poi tra i momenti più duri c’è stato l’infortunio di un nostro atleta al 2° Km della tappa 18 mentre eravamo lanciati in piena rimonta verso la testa della gara. Questo ci ha un po’ destabilizzato e per qualche ora siamo stati anche tentati di abbandonare la gara. Lo spirito di rivalsa e la voglia di arrivare in fondo però ci hanno collettivamente fatto superare questo momento di crisi”. Ma Peppa ha avuto anche dei momenti personali da superare: Onestamente avevo tale e tanta adrenalina in corpo da non aver mai mollato mentalente un secondo, vedevo solo il bello e la follia di quello che stavo facendo, durante le tappe notturne ridevo sola mentre correvo e ogni tanto canticchiavo per tenermi compagnia. Unico aspetto di "durezza" il cibo, poco e confuso, spesso ho corso affamata perchè non mi sono regolata bene con gli orari. Altro momento tosto la frazione con pioggia e vento contro, ma alla fine mi sono divertita pure lì, la corsa è questo in fondo: sfida, divertimento, vita.

Al contrario, il momento più esaltante?

Ma dopo la tempesta viene sempre il sereno, dunque anche momenti piacevoli: “Il momento più bello da ricordare è stato quello dell'arrivo. L'attesa della nostra ultima staffettista, accompagnata da tutto il team, abbiamo faticato a trattenere le lacrime, eravamo davvero tanto emozionati, tutti, forse perchè non credevamo davvero di arrivare a compiere una simile impresa. 

Quale il ricordo che vi rimarrà più impresso nella memoria di runner?

Scegliere un solo attimo per descrivere 33 ore consecutive di emozione è un’impresa impossibile. Tante sono le immagini che rimarranno impresse nella nostra memoria: la paura quando uno di noi si è perso di notte e il sorriso quando lo abbiamo incontrato per strada, le risate con la squadra, la voglia di non abbandonare mai, anche quando tutto sembra andare storto, i cambi in macchina con i vestiti fradici, i wafer ingurgitati a tutte le ore, la pioggia e il vento nel buio lungo il fiume Adige, i bellissimi meli e l'arrivo sotto il sole di Rosolina a due passi dal mare. In una parola: indimenticabile”.

Come giudicate il livello organizzativo dell’evento?

Vista l'enorme complessità della gara lo giudico un livello buono con alcune cose da migliorare - dice Roberto Del Negro - Era difficile non sbagliare niente. Tenere sotto controllo un percorso di oltre 420 Km, 39 check point e tutte le persone che su di essi transitavano deve essere stata molto dura. È stata evidente l’elevata preparazione organizzativa che possedevano i vari responsabili che si sono succeduti lungo il percorso. Qualcosa da rivedere c’è ma era pur sempre un’edizione zero”.

Consigliereste la gara ai vostri amici e le rifarete nel 2021?

Come spesso capita in queste circostanze subito finita la gara si giura a sé stessi di non volerne più sapere, ma già dopo poche ore si inizia a programmare l’edizione seguente. Nel nostro gruppo whatsapp già si discute sull’ordine di partenza della prossima Resia-Rosolina Relay. siamo pronti insomma. Mi sento anche di consigliarla, ai miei amici più tenaci e un po' folli, sicuramente sì, la consiglierei”.

Fisicamente com’è correre 4 volte 10-12km in sole 40 ore?

Diciamo che dipende molto anche dal livello di allenamento - conferma l’indomita Peppa  - Io sono abituata alle sedute di allenamento doppie quando preparo la maratona, ma in un caso del genere la cosa più complessa è gestire il recupero tra una frazione e l'altra senza poter dormire o mangiare adeguatamente. Dal mio punto di vista è più faticoso mentalmente che fisicamente e da quello che ho visto per i miei compagni di avventura credo di poter dire lo stesso anche per loro, il recupero tra una frazione e l'altra è sicuramente l'aspetto più complesso”.

 

 

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