Runner troppo seri, servirebbe un Gianmarco Tamberi maratoneta

Gianmarco Tamberi ha vinto l'ennesimo oro e poi è esploso, trascinando un intero stadio e tutta Italia. Peccato che un maratoneta così non esista
Runner troppo seri, servirebbe un Gianmarco Tamberi maratoneta

Grazie Gianmarco Gimbo Tamberi, se oggi in Italia si parla di atletica su tutti i giornali è grazie a te, al tuo magico oro conquistato in quel di Budapest ma anche grazie ai tuoi esuberanti festeggiamenti.

Tralasciando l’atleta che è oggettivamente qualcosa di stratosferico con tutte le medaglie d’oro possibili da quella olimpica, mondiale ed europea oltre a tante altre, a tanti l’atteggiamento festaiolo non va giù o viene giudicato eccessivo.

Il problema è che ‘Gimbo’ è fatto così, gode e ha bisogno lui stesso di stare al centro dell’attenzione, ha classe e carisma da vendere, è naturalmente un trascinatore di folle e di curve da stadio che lo esaltano fino a farlo volare lassù sul filo dei 2,40 metri. Ha il fuoco sacro dentro della visibilità, dell’egocentrismo, così come Valentino Rossi o Alberto Tomba e pochi, pochissimi altri. Neanche Marcell Jacobs, persona molto più timida e pacata è così trascinatore. Tamberi sì, si potrebbe considerarlo anche uno spaccone, ma ha il cuore grande e serve a tutta l’atletica italiana oltre che mondiale.

Servirebbe a dire il vero anche nelle maratone un tizio così: spavaldo, grintoso, allarmista, spocchioso, esuberante, fashion, con mille social in tutte le salse che illuminano anche il privato, il rapporto con la moglie, gli amici, il matrimonio, con un padre con cui non parla da mesi.

No, non è così, un maratoneta così non ce l’abbiamo. Né in Italia e nemmeno nel mondo.

Già perché anche il più grande di tutti, quello che ci ha fatto emozionare a Vienna andando a correre la maratona sotto le 2 ore e primatista del mondo, doppio oro olimpico, il keniano Eliud Kipchoge è troppo tranquillo. E' un meditatore, legge libri nel suo silenzio, è un solitario nella sua capanna nei suoi allenamenti sui dispersi ed immensi altipiani del Kenya e quando arriva nelle più grandi maratone del mondo una, massimo due volte l’anno, è troppo serio, troppo concentrato, troppo chiuso. Troppo maratoneta.

Sarebbe bello gridasse alle folle, si presentasse negli aeroporti con la bandiera del Kenya grande 8 metri, corresse come un pazzo nelle tribune dopo un record mondiale. Nulla. Niente di tutto questo. Forse un abbraccio al manager e all’allenatore e poi risposte a monosillabe ai giornalisti, un sorriso di 4 secondi e poi faccia seria, fino alla prossima maratona.

Nel mondo, in Europa o in Italia maratoneti fenomeni nel Tamberi Style non ce ne sono e i nostri tre più forti al maschile ovvero Eyob Faniel, Iliass Aouani, Yeman Crippa o Giovanna Epis (unica azzurra in maratona a Budapest) sono troppo educati e riservati. Bravi, forti, capaci, grandi professionisti ma poco trascinatori di folle. Brava gente insomma, forse troppo brava, ma lì finisce la storia.

Tutti i maratoneti d’alto livello sono così, forse sarà la fatica sfiancante, le poche energie che rimangono nelle ore libere tra i 13 allenamenti settimanali dove bisogna macinare dai 180 ai 200km, bisogna riposare, gestire, centellinare, le gambe sono a pezzi. Giusto così. Ma un Tamberi maratoneta servirebbe, forse allora andremmo con una grande maratona trasmessa all’ora del telegiornale, con audience da 2,5milioni di ascoltatori come accaduto durante i salti di Tamberi su Rai2, forse tanti italiani sportivi col telecomando in mano che hanno imparato cosa è il salto in alto saprebbero prima o poi anche cosa è una maratona.

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