
La pubalgia è una patologia abbastanza complessa, perché spesso coinvolge diverse strutture muscolo-tendinee. Nella maggior parte dei casi, il paziente avverte il dolore all’inguine provocato dalla tendinite del muscolo psoas, retto-addominale e degli adduttori, ma anche un indolenzimento della sinfisi pubica (specialmente nei casi di donne in gravidanza). (1^ parte qui -Elimina il dolore inguinale)
Localizzazione del dolore e tipi di pubalgia
La tendinopatia inserzionale si manifesta a livello delle inserzioni tendinee ed è il risultato di microtraumi ripetuti che coinvolgono principalmente i muscoli adduttori della coscia e dei muscoli addominali.
La sindrome diafisaria interessa l’area della sinfisi pubica ed è determinata dall’accumulo di microtraumi che peggiorano la stabilità del bacino. Questa instabilità provoca il dolore e disfunzione nella zona pubica.
Un’altra zona soggetta a stress è quella in cui si può sviluppare la sindrome della guaina del retto addominale o un’irritazione del nervo perforante del retto addominale.
Infine, l’osteite pubica è un processo infiammatorio che interessa la sinfisi pubica e le strutture muscolari ad essa connesse, con un’irradiazione del dolore verso il basso ventre e l’inguine.
Come alleviare e superare il dolore della pubalgia
Una diagnosi accurata e la valutazione precisa sono il primo passo per impostare un trattamento riabilitativo mirato. Effettuando una valutazione della pubalgia, l’esperto in materia, deve considerare l’atleta nella sua globalità, correggendo gli squilibri muscolari, migliorando la mobilità articolare e ottimizzando i gesti tecnici per prevenire recidive e garantire un ritorno sicuro all’attività sportiva. Il primo passo nella valutazione della pubalgia consiste in un’anamnesi dettagliata, durante la quale il fisioterapista raccoglie informazioni sulla storia clinica del paziente con tutte le caratteristiche del dolore e i fattori scatenanti.
L’indagine include diversi aspetti come per esempio: il tipo e la sede di dolore, il fattore scatenante, storia di infortuni pregressi, carichi di allenamento ed eventuali alterazioni biomeccaniche e posturali. Invece l’esame obiettivo, osservazione del paziente, permette valutare eventuali asimmetrie, mobilità articolare, squilibri muscolari. In alcuni casi possono essere necessari esami radiologici aggiuntivi dell’articolazione coxo-femorale, al fine di escludere eventuali fratture. Spesso per approfondire maggiormente viene richiesta la Risonanza Magnetica (RMN) oppure l’ecografia muscolo – tendinea, l’ecocolordoppler o una Tomografia Computerizzata (TC).
Dopo aver identificato bene il disturbo si può proseguire con il percorso riabilitativo individuale (PRI), che conduce a una guarigione duratura.
Testo a cura di Dott.ssa Marta Maria Magda, FisioSportLife Milano, www.fisiosportlife.it