Paolo Pizzo e "La stoccata vincente": una vita da film, un futuro da ct

Il campione italiano di scherma, specializzato nella spada e reduce da una malattia, si racconta in un'emozionante intervista: "È stato un pugno nello stomaco"
Paolo Pizzo e "La stoccata vincente": una vita da film, un futuro da ct

Paolo Pizzo sa cosa vuole dire vincere. È la sua vita, la sua storia fatta anche di medaglie di ogni peso e colore. Con una spada in mano combattere contro la malattia è stato più semplice. Riviverla no. Meno. Perché “La stoccata vincente”, il film che ha raccontato la sua malattia e le vittorie in pedana, lo ha colpito al cuore, di continuo. «Vedere il film sulla mia vita credo sia stata forse una delle emozioni più grandi e importanti. Ho pianto. Non me ne vergogno. Mi è arrivato come un pugno nello stomaco. C'era qualcosa probabilmente che non avevo ancora affrontato, una parte nascosta che riemerge improvvisamente e che non ero pronto a rivivere. Vederlo lì rappresentato è stato la chiusura del cerchio». E intanto il due volte campione del mondo e argento a Rio 2016 nella spada, a Milano ha ricevuto il premio Sportmaster ’23.

Rivedere la sofferenza di quel ragazzo non deve essere stato semplice…
«Vedere le immagini di me ragazzino con le crisi non è stato facile. Non tutti sanno cosa si prova. Ma sapevo che c'era tutto questo, l'avevo visto sul set. Forse per questo non sono riuscito a essere obiettivo. Mi è passato tutto addosso».

Poi c’è la storia sportiva da raccontare.
«È stata una sorta di ubriacatura, di emozione continua. Ho rivissuto la paura, l’incubo e poi la gioia. Tutti momenti della mia vita alternati».

Un film più emozionante, forse ancora più dell'oro mondiale?
«Decisamente sì. L'oro mondiale è qualcosa di costruito, che hai come sogno quando fai l’atleta, quando da bambino speri di farcela, di dare l’ultima stoccata. Il film per me è stato come vincere un Oscar. Sono stato presente tutti i giorni sul set, me lo son goduto ed è stato impagabile vedere gli attori chiedermi dopo ogni scena se era andata bene…».

Se le dico Parigi?
«Parigi per me, da atleta, ormai è tardi anche se continuo a fare le gare italiane».

Non se la sente di fare l’ultima pazzia a quarant’anni?
«Ne sarei ancora in grado, però adesso sento anche che è il momento di passare dall'altra parte. La parte manageriale e dare una mano agli atleti…».

Ma nemmeno nella prove a squadre?
«La squadra ha appena vinto i Mondiali a Milano, quindi sarebbe fuori luogo. E poi non sarebbe da me».

Allora la rivedremo da allenatore…
«Quella da commissario tecnico ora è più nelle mie corde. Mi piacerebbe non lo nascondo ma con i giusti tempi, dopo un giusto percorso».

Pizzo ha vinto perché ha passato quello che ha passato o perché era semplicemente forte?
«La malattia mi ha fatto sterzare, capire dove mettere tutte le mie energie. Dopo ti senti di dover dare tutto in ogni campo perché ti rendi conto che la vita è brevissima».

Dal Mondiale di Milano all’Olimpiade di Parigi con quale aspettativa?
«Dalla scherma italiana ci si aspetta sempre tanto. Se dovessi fare un nome direi quello di Arianna Errigo. Ma non mettiamole troppa pressione. Quando io ho fatto 5º da campione del mondo alle Olimpiadi di Londra ho fallito totalmente. Uno schermitore italiano se non torna con la medaglia ha fatto un buco nell’acqua…».

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