Pagina 3 | Dorothea Wierer e la sua 15ª stagione di Coppa del Mondo: "In pista porto un po' di colore"

TORINO - Torna Miss Biathlon. Domani Dorothea Wierer apre in Finlandia la sua 15ª stagione di Coppa del Mondo. Coronato a Pechino l’inseguimento anche alla medaglia individuale a cinque cerchi (bronzo nella Sprint) dopo le due nella staffetta mista, le 10 ai Mondali (3 ori) e le 2 Coppe generali (più 4 di specialità) frutto di 54 podi, 15 sul gradino più alto, ma anche finiti i lavori della nuova casa in Val di Fiemme, iperdomotica e di design, Doro ha deciso di rimettersi in gioco, senza escludere finanche di spostare il capolinea fino al 2026, l’Olimpiade nella sua Anterselva. Portando come sempre in pista la bellezza.
 
Dorothea ben ritrovata, come sta?
 
«Abbastanza bene. Come sempre l’ultimo periodo di rifinitura è sempre quello più complicato, ma le sensazioni non sono male, anche se ho imparato che fino a quando non si indossa un vero pettorale non si può mai dire cosa succederà alle gare».
 
Cosa l’ha convinta a continuare?
 
«Non mi sono ancora data per finita come atleta. Da tantissimi anni sono tra le prime, ma ho capito di avere ancora voglia di lottare con le migliori e fare vedere ancora qualcosa di bello. Poi magari non sono più l’atleta che può vincere la Coppa generale, perché bisogna essere al vertice in tutte le gare per tutta la stagione, ma posso ancora puntare a buoni risultati».
 
Coppa del Mondo addio?
 
«Bisogna essere realisti. Fa parte del gioco invecchiare a livello atletico. Ci sono ragazze che hanno dieci anni in meno di me, che recuperano più in fretta e magari hanno anche più fame di vincere. E negli ultimi due anni non sono più riuscita a salire sul podio finale di Coppa, pur rimanendo a ottimo livello. Tutte cose che messe insieme ti inducono a rivedere gli obiettivi».
 
Quindi vedremo una nuova Wierer, che punta solo ad alcuni appuntamenti?
 
«No, continuerò a disputare tutte le gare e i Mondiali di febbraio in Germania saranno l’appuntamento principale della stagione, ma punterò ad andare più forte possibile sempre, senza fare tanti programmi. Inutile in una disciplina dove il livello è sempre più alto e si gareggia così tanto. A fine stagione poi farò un bilancio».
 
Si aspettava di essere l’atleta-influencer più conosciuta Italia?
 
«Onestamente no, perché il biathlon non è certo la disciplina più conosciuta, ma mi fa molto piacere, è importante, per me e per tutto il movimento, ma per essere espliciti non è che me la tiro...».
 
Beh, invece avrebbe tutti i motivi per farlo...
 
(sorride) «Sì, ma bisogna sempre tenere i piedi per terra. Oggi puoi essere lassù, super considerato, domani laggiù, dimenticato».
 
Carriera da stilista...
 
«Beh, non esageriamo anche su questo fronte. Sicuramente mi piace la moda e sono molto contenta della collaborazione con un mio sponsor (Sportful, ndr), con il quale abbiamo fatto una linea di indumenti sportivi che si chiama Doro Style. Abbigliamento da fondo ma non solo, perché può essere utilizzato per tutti gli sport outdoor. Materiali e colori che mi piacciono».
 
Lei ha sempre portato in pista anche la femminilità e l’aspetto estetico.
 
«Sì, mi piace molto. È un qualcosa che ho dentro da sempre, un po’ come lo shopping (ride, ndr). Il fatto è che quando prendo un capo nuovo mi viene ancora più voglia di allenarmi, andare forte. E portare un po’ di colore e di fashion in pista, in uno sport che è sempre stato considerato solo di fatica, ha dato più visibilità al biathlon. La fatica non sfigura, siamo uno sport anche bello da vedere».

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Quindi sfida Armani?
 
(ride) «Nooo. Semmai sono orgogliosa di vestire i suoi capi anche in pista».
 
A proposito di colori: le piace la scelta del grigio e del nero?
 
«Molto. La nostra tuta da gara è nera, un colore che snellisce».
 
Beh, non ne ha bisogno.
 
(ride) «Sembra, il problema è che mi piace sempre troppo la cioccolata. Comunque nero per la gara e grigio per il resto dell’abbigliamento è una scelta molto classica, in stile Armani. Siamo noi ora che dobbiamo portare colore all’Italia della neve con i risultati in pista».
 
Quale ha scelto quest’anno per la sua carabina?
 
«Sono tornata all’azzurro. Sta bene con il nero e volevo avere ancora un collegamento con l’italianità, noi che siamo gli Azzurri, anche se non abbiamo nulla di questo colore nella tuta di gara».
 
Lei sente molto l’appartenenza, a partire dall’impegno nelle staffette: cosa pensa della scelta della figlia della Ceccarelli di correre per l’Albania?
 
«Onestamente non conosco i dettagli. Sicuramente Daniela è una professionista e quindi ha scelto la strada per portare la figlia prima possibile in Coppa del Mondo. E i risultati già ottenuti in America le danno ragione. Certo, un po’ dispiace non avere in squadra un talento così, una ragazza che può diventare una fuoriclasse, ma nel futuro le cose posso cambiare. E alla fine ognuno decide della propria vita».
 
A proposito, nel biathlon vede una nuova fuoriclasse pronta ad emergere?
 
«Direi che il ruolo in questo momento potrebbe prenderlo la svedese Elvira Oeberg. Ha solo 23 anni e la scorsa stagione è già arrivata seconda nella classifica generale. Soprattutto ha una voglia e una grinta pazzesche».
 
E in Italia come siamo messi?
 
«Ci sono tante giovani, ma hanno ancora bisogno di un po’ di tempo».

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Come vivete nel mondo nordico, così influenzato geograficamente dalla guerra in Ucraina, la situazione?
 
«A me dispiace tantissimo, anche perché si tratta di Nazioni molto importanti nel biathlon. Nell’ultimo raduno in Austria c’erano gli ucraini e ogni volta che li vedo e parlo con loro provo una pena enorme. Una ragazza mi ha raccontato che la sua casa è stata bombardata e che non ha più nulla. Ora vive in Slovenia. Speriamo che presto torni la pace».  
 
E del bando a russi e bielorussi cosa dice?
 
«Che gli atleti non c’entrano nulla. Mi spiace anche per loro, anche perché sono ragazzi e ragazze che lottano per i podi e le vittorie. Quindi alla fine a rimetterci è tutto il biathlon, che perde Nazioni molto importanti».
 
In un mondo così in crisi ha sempre il forte desiderio di maternità?
 
«Sicuramente è un periodo che fa riflettere. I pensieri in testa sono davvero tanti. Dentro voglio diventare mamma, anche se per ora ho deciso di continuare a fare l’atleta. E per questo nel mio piccolo, cercando di essere me stessa, sento dentro la responsabilità di portare anche un sorriso, una sprazzo di felicità in momenti così difficili. Soprattutto perché noi atleti viviamo un po’ in una bolla, lontano da tutto e tutti».
 
La spaventa il momento in cui dovrà uscirne e vivere una vita “normale”?
 
«No. So che sarà diverso, ma anche che quando deciderò di lasciare il biathlon e questa vita non mi mancherà così tanto da non poterne fare a meno. Inizierà una nuova vita e sarà comunque bella».
 
Intanto ha realizzato la sua casa dei sogni.
 
«È venuta super moderna, sono felicissima. Sicuramente la tecnologia aiuta molto nella vita di tutti i giorni. Purtroppo o per fortuna in gara e nella vita da atleta devi fare i conti con l’essere umano. A volte però vorrei essere più robot, ma non ci riesco».

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Come vivete nel mondo nordico, così influenzato geograficamente dalla guerra in Ucraina, la situazione?
 
«A me dispiace tantissimo, anche perché si tratta di Nazioni molto importanti nel biathlon. Nell’ultimo raduno in Austria c’erano gli ucraini e ogni volta che li vedo e parlo con loro provo una pena enorme. Una ragazza mi ha raccontato che la sua casa è stata bombardata e che non ha più nulla. Ora vive in Slovenia. Speriamo che presto torni la pace».  
 
E del bando a russi e bielorussi cosa dice?
 
«Che gli atleti non c’entrano nulla. Mi spiace anche per loro, anche perché sono ragazzi e ragazze che lottano per i podi e le vittorie. Quindi alla fine a rimetterci è tutto il biathlon, che perde Nazioni molto importanti».
 
In un mondo così in crisi ha sempre il forte desiderio di maternità?
 
«Sicuramente è un periodo che fa riflettere. I pensieri in testa sono davvero tanti. Dentro voglio diventare mamma, anche se per ora ho deciso di continuare a fare l’atleta. E per questo nel mio piccolo, cercando di essere me stessa, sento dentro la responsabilità di portare anche un sorriso, una sprazzo di felicità in momenti così difficili. Soprattutto perché noi atleti viviamo un po’ in una bolla, lontano da tutto e tutti».
 
La spaventa il momento in cui dovrà uscirne e vivere una vita “normale”?
 
«No. So che sarà diverso, ma anche che quando deciderò di lasciare il biathlon e questa vita non mi mancherà così tanto da non poterne fare a meno. Inizierà una nuova vita e sarà comunque bella».
 
Intanto ha realizzato la sua casa dei sogni.
 
«È venuta super moderna, sono felicissima. Sicuramente la tecnologia aiuta molto nella vita di tutti i giorni. Purtroppo o per fortuna in gara e nella vita da atleta devi fare i conti con l’essere umano. A volte però vorrei essere più robot, ma non ci riesco».

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