Agazzi: "Vi svelo i segreti della nuova Goggia"

L'ex allenatore di Gut e canadesi, scelto da Sofia come tecnico personale, racconta l’evoluzione e il lavoro che deve portarla all’apoteosi nei Giochi di casa, Milano Cortina 2026
Agazzi: "Vi svelo i segreti della nuova Goggia"© Getty Images

TORINO - Non ha ancora ceduto al “ciao fans” («e non ho intenzione di farlo») che caretterizza il rapporto tra Sofia e lo skiman Barbaba Greppi, ma è entrato nella Banda Goggia. Idee chiare, sorriso e ovviamente essere bergamasco. Luca Agazzi, 48 anni, è il nuovo allenatore di Nostra Signora della Velocità. Anche per toglierle quest’ultimo appellativo, riallargandone gli orizzonti. Con gli occhi e l’anima di chi è stato stoppato da un infortunio ma ha inseguito i suoi sogni aiutando a costruere quelli di chi, come Sofia da bambina, vuole diventare campione. Partendo da Lara Gut. «Era il 2011 - racconta -. Babi (Greppi, ndr) lavorava nel suo team privato. Avevano bisogno di un aiuto. Ho chiesto a casa se riuscivamo a cavarcela senza il mio stipendio per un anno e ho investito su me stesso. Dopo sei mesi mi hanno “assunto” e ho vissutto tre anni bellissimi. Poi Lara è tornata in squadra e nel 2016 è arrivata la chiamata del Canada».
 
E la primavera scorsa quella di Sofia...
 
«La conosco da quand’era bambina, mi ha chiesto aiuto per accompagnarla da una disciplina all’altra in base alla nuova filosofia Fisi».
 
Cosa pensa dei team privati?
 
«Non è un team privato. Sono però convinto che un atleta che raggiunga l’alto livello abbia bisogno e diritto di sostegno con una struttura più dedicata. Prima no».
 
Si riferisce a Lara Colturi?
 
«Quello della figlia della Ceccarelli può ricordare il percorso della Gut, che aveva una struttura familiare e molto personale, ma io credo che all’inizio il percorso federale, di squadra, sia quello giusto».
 
Idee chiare: anche su Sofia?
 
«Certo, già a guardarla in tv, anche se sono entrato con spirito costruttivo. Il mio compito più importante è quello di tessere una struttura di rapporti in modo che tutti siano di supporto. Ho trovato allenatori molto aperti, a parire da Gianluca (il dt Rulfi, ndr) che mi lascia molta libertà ma si confronta di continuo perché vuole molto bene a Sofia».
 
Ci ha raccontato che le ha destrutturato la sciata...
 
(sorride) «La prima cosa che abbiamo fatto è stata sederci intorno a un tavolo per mostrarle un suo video. Le ho detto che tecnicamente c’erano tanti margini di miglioramento, ma anche tanto lavoro da fare, quindi le ho chiesto se era disponibile a farlo».
 
Non dev’essere facile dire a una campionessa che deve cambiare sciata...
 
«Invece si è messa subito a disposizione, senza dubbi. Sapendo che è un processo che richiede tempo».
 
Quindi obiettivo i Giochi di Milano Cortina 2026?

 
«Esatto. Non avrei accettato un impegno “anno per anno”. L’idea precisa è quella di arrivare all’Olimpiade di casa per tornare a vincere l’oro in discesa, ma non solo. In questi anni aggiungeremo altro, tornerà ad andare forte anche in gigante. Prima però bisogna costruire una sciata più solida che la tenga lontano dai guai».
 
Può entrare nel dettaglio?

 
«Sofia per anni ha sciato rincorrendo i recuperi dagli infortuni e di forza. In entrata curva era troppo lontana dai piedi e tendeva a ruotare il bacino e le controspalle. Lo sci esterno così restava indietro e quando spingeva perdeva l’appoggio e rischiava. Ora l’ingresso di Sofia è più sopra i piedi e il bacino è in linea. Così lo sci esterno è sempre “presente” e le dà un vincolo quando spinge. Questo vuole dire avere più feeling, fiducia, e meno possibilità di farsi male».
 
A che punto siete?
 
«Sulla strada giusta. L’abbiamo capito a Lake Louise. E non solo perché ha vinto le due discese».
 
Cosa le è piaciuto di più dell’esordio in Canada e cosa meno?
 
«È riuscita a modificare in gara alcune cose, segno di consapevolezza, di “presenza”. Ha un approccio alle gare super. Non ho trovato cose negative. In SuperG c’era la tensione della prima gara nella disciplina in cui s’era fatta male la scorsa stagione. E se anche quando non “prende” la gara arriva a un decimo dal podio, beh, significa che va bene».
 
Dal gigante di oggi a Sestriere cosa vi aspettate?

 
«Nulla, se non riaprire il cancelletto anche in questa specialità. Sofia sta sciando bene, ma i tempismi del gigante sono diversi da quelli della discesa e per prendere certi automatismi sulla nuova sciata serve tempo. È come Bagnaia, che per vincere senza cadere in MotoGP ha dovuto cambiare modo di guidare la Ducati. C’è voluto un po’, ma alla fine è andata bene non vi pare?».
 
L’obiettivo Coppa del Mondo generale c’è?
 
«Non deve essere la priorità, non ora. Ci perderemmo in stress inutile. Due discipline non bastano, ma credo che Sofia possa tornare sul podio anche in gigante, che vuole disputare ai Mondiali. Però deve essere lì, pronta ad approfittare di ogni occasione. Ed è bene che abbia dentro di sé anche questa motivazione».
 
Cosa e chi può diventare Sofia?

 
«Una come la Vonn. Ha quel carisma, quella presenza. Lo stesso coraggio pazzesco. E la capacità di gestire la pressione che hai quando diventi un vincitore seriale e tutti si aspettano che ti ripeta. A Lake Louise un anno fa aveva fatto tripletta, poteva solo fare peggio. È stata brava, anche a tenere i piedi per terra».
 
E con la Sofia donna come si trova?
 
«A me fa sorridere la sua esuberanza, il suo essere così aperta, curiosa, propositiva. Anche io non sono una persona tutto e solo piste e sci. Per dire, ho avuto un disco pub. So che bisogna anche divertirsi e approcciare la vita nel modo giusto. Il suo mi piace».

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