Elisabetta, la Regina che ha fatto la storia anche nello sport

Ha regnato per 70 anni, lasciando un segno profondo nel suo tempo. La passione per i cavalli e l'inaugurazione di 5 olimpiadi
Elisabetta, la Regina che ha fatto la storia anche nello sport© EPA

Ha attraversato un secolo con autentico e quasi infallibile senso della storia e del suo ruolo. È stata regina, politica, icona, modello femminile e, con la sua regale discrezione, ha lasciato un segno profondo sul tempo che ha vissuto e regnato. La regina Elisabetta è morta ieri pomeriggio nella residenza scozzese di Balmoral, a lei molto cara, perché lì viveva quel pieno contatto con la natura che ha sempre amato. Definirla una regina sportiva sarebbe uno strappo alla verità storica, ma non è stata certamente una sovrana sedentaria e ha passato moltissimo tempo in sella a uno dei suoi tanti e adorati cavalli. Sono stati la passione della sua vita, l’unica in grado di privarla della sua proverbiale imperturbabilità. Per nessuna ragione perdeva un Grand National, corsa nella quale hanno spesso partecipato (e qualche volta vinto) i cavalli della sua scuderia.



Il resto dello sport lo viveva spinta dall’amore per la bandiera e per senso del dovere. Ovvero, se una qualche nazionale o un qualche atleta inglese disputava una competizione non gli faceva mai mancare un pensiero di incoraggiamento, ma non si è mai fatta trascinare oltre, anche quando doveva presenziare in tribuna. Perché nel suoi settant’anni di regno ha attraversato, suo malgrado, anche la storia dello sport e non solo quello britannico.

Nel 1966 è stata lei a consegnare la Coppa del Mondo, allora ancora Rimet, a Bobby Moore, il primo e l’unico capitano inglese ad averla alzata. Aveva quarant’anni e uno dei suoi meravigliosi completi pastello (sul giallo) e in quel momento entrava anche nella storia del calcio, con un gesto diventato un’ossessione per una nazionale che non ha mai più vinto niente e cui lei non ha consegnato più niente. Tuttavia è quasi simbolico che il suo ultimo messaggio ufficiale in ambito sportivo sia stato per le calciatrici inglesi, dopo il trionfo all’Europeo: «Il vostro successo va al di là del trofeo che avete conquistato con merito. Voi d’ora in poi sarete prese a modello, e un esempio per le donne di oggi e delle future generazioni». Non una frase qualunque, pronunciata da una donna che, a suo modo, ha comandato per settant’anni.

Ma il calcio non l’ha mai veramente appassionata, anche se le è sempre stato assegnato un tiepido affetto per l’Arsenal, che resta l’unica squadra a essere stata ricevuta per un the a Buckingham Palace (nell’occasione si narra di un dialogo fra Sua Maestà e lo spagnolo Cesc Fabregas, ora al Como). Ma lei stessa aveva, in altre occasioni, lasciato intendere una simpatia per il West Ham. Detto ciò non è mai stata una calciofila. E ancora più fredda è stata rispetto al tennis, se si calcola che in settant’anni di regno ha assistito a una partita del torneo di Wimbledon solo quattro volte. L’anno scorso, invece, aveva espresso una certa curiosità per la ginnastica: aveva incontrato gli atleti inglesi che avevano partecipato alle Olimpiadi di Tokyo e dopo un paio di battute sulla loro altezza, aveva confessato al campione olimpico di tuffi Tom Daley: «Amo guardare i ginnasti perché le cose che fanno non sembrano possibili, forse dovrei provare con la ginnastica».



Anche il suo rapporto con le Olimpiadi è stato forte, per quanto istituzionale. Tutti si ricordano la meravigliosa scena nell’inaugurazione dei Giochi di Londra, nella quale la regina aveva recitato con Daniel Craig, allora il James Bond in carica, e che aveva reso memorabile la sua partecipazione alla cerimonia. La quinta di una serie incredibile e unica per un essere umano. Elisabetta, infatti, come capo di stato di Gran Bretagna, Canada e Australia ha presieduto i Giochi di Melbourne 1956, Montreal 1976, Calgary 1988, Sydney 2000, Vancouver 2010 e Londra 2012, stabilendo un primato difficilmente uguagliabile. Anche se sono stati ancora una volta i cavalli a legarla veramente ai Cinque Cerchi, visto che nel 1976 a Montreal, la figlia Anna, ha partecipato come atleta del Regno Unito alle gare di dressage (senza tuttavia ottenere risultati).

Anche lo sport, insomma, perde un pezzo con la scomparsa di Elisabetta II, la cui immensa eredità storica si estende su due millenni. O, meglio, sta a cavallo, come avrebbe preferito dire lei.

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